I Processi nell’antica Roma

Proprio come avviene oggi, i processi nell’antica Roma, rappresentavano una forma di spettacolarizzazione, non è un mistero infatti come ancora accade ai giorni nostri, che ci si interroghi in diverse occasioni, sull’utilità di rendere pubblico anche a livello televisivo,  ciò che succede o viene detto all’interno delle aule dei tribunali, anche per questioni molto sensibili  che accendono la curiosità del pubblico. Molti sostengono che in nome della trasparenza e del diritto di cronaca, sia più che legittimo mettere a conoscenza ogni singolo cittadino sulle discussioni che avvengono nei tribunali, dove spesso si consumano vere e proprie battaglie in nome della libertà e della giustizia  che possono riguardare ogni singolo cittadino.  Dall’altra parte c’è anche chi sostiene che mostrare un accusato, in prima pagina, o a tutto schermo,  significa renderlo automaticamente colpevole agli occhi dell’opinione pubblica, oltre a fomentare ulteriore clamore attorno alla vicenda in questione. Vero è che certe questioni, una volta divenute di dominio pubblico, fanno aumentare l’audience televisivo o la tiratura dei quotidiani, come è altrettanto vero che queste abitudini abbiano origini lontane e ben radicate ai tempi della Roma antica.

I Processi nell'antica Roma
I Processi nell’antica Roma

I processi nell’antica roma, il processo come spettacolo:

I processi nell’antica Roma naturalmente non godevano della diffusione televisiva o degli articoli di giornale, ma erano comunque un’ottima occasione per fare spettacolo, considerando soprattutto l’uso che veniva fatto di tali processi, spesso costruiti ad hoc, per calunniare e infangare avversari politici, in modo da estrometterli dal novero dei candidati, trasformando quindi un atto di giustizia per interessi personali e allo stesso tempo in un’opportunità di divertimento per il pubblico che vi assisteva. D’altra parte sappiamo che i romani, mano a mano che trascorrevano i secoli, sempre più resistenti ai tanti pericoli superati, diventavano sempre più avvezzi al culto del pettegolezzo ad ogni costo, andandolo a cercare  o ad esasperarlo solo per il gusto di soddisfare la loro morbosa curiosità. L’accusa di incesto alle Vestali, avvelenamenti avvenuti all’interno di alcune famiglie patrizie, o casi di empietà verso gli Dei, erano fra gli argomenti favoriti che circolavano nel Foro romano, spesso ingigantiti ed esasperati, e che nei casi più eclatanti, giungevano fino ai confini più lontani dei domini romani. Tutto questo perchè i processi nell’antica Roma si svolgevano all’aperto, oppure all’interno di basiliche aperte al pubblico, che regolarmente si riempivano di gente rumorosa che si entusiasmava davanti alla dialettica degli oratori più prestigiosi.

Normalmente la folla si faceva più colorita e pettegola quando venivano tirate in ballo le personalità più in vista della città, e molti venivano coinvolti, non perchè avessero un ruolo nella questione, ma solo perchè anche solo nominarne i nomi, provocava nel popolo scrosci di applausi verso l’oratore che sapeva bene come ottenerli. La folla si infiammava nel sentir parlare di intrighi di letto, corruzione, adulteri, concussioni e scandali di varia natura, e il tutto era ancora più accentuato dal fatto che nella Roma antica non esisteva una pubblica accusa come oggi, ma spesso era proprio il singolo cittadino che accusava un altro a lui ostile, per un furto, una semplice offesa, o per il mancato adempimento di obblighi contrattuali.

I processi nell’antica roma, l’ars oratoria:

Gli oratori romani non andavano certo per il sottile quando si trattava del proprio prestigio, ed erano disposti a ricorrere a qualsiasi mezzo per ottenerlo o per confermarlo. Senza scrupolo alcuno passavano sopra chiunque, esaltando ogni vizio più squallido della controparte, cogliendone gli aspetti peggiori anche nelle azioni tutto sommato non gravi. Per questo veniva chiamato a testimoniare chiunque fosse disposto a giurare anche il falso, compresi amici e parenti, d’altra parte si sa che la vita nell’Urbe era caraterizzata dai clientelismi, e l’arte dell’oratoria era una strada molto più comoda sia  per fare carriera in ambito politico, sia per stringere rapporti personali e professionali con personalità in vista che facevano sempre comodo. Proprio per questo era molto difficile distinguere un avvocato da un politico, infatti queste due attività erano fra loro pesantemente interconnesse, il cui buon esito di una di queste, avrebbe favorito certamente anche l’altra. Un chiaro esempio di quanto detto fin’ora ce lo fornisce Cicerone, forse il più famoso oratore che la città di Roma abbia mai avuto. Il processo intentato da quest’ultimo contro Gaio Verre, accusato dalle città siciliane di essere state saccheggiate al tempo del suo governatorato, oppure le proverbiali orazioni contro Catilina, accusato di tradimento e congiura verso lo Stato, fecero di Cicerone una delle personalità più rilevanti della città, tanto da farlo arrivare fin quasi al consolato. Tuttavia il mettersi così in mostra aveva alcuni rovesci della medaglia molto spiacevoli, testimoniando infatti contro Clodio, accusato di aver profanato la casa di Cesare durante i riti della Bona Dea, procurò a Cicerone non pochi problemi, culminati addirittura con quindici mesi di esilio. Al suo ritorno in città, Cicerone ebbe però modo di vendicarsi durante l’arringa in difesa del giovane Celio Rufo, accusato di brogli elettorali, un’occasione nella quale il grande oratore romano ebbe modo di rovesciare tutto il suo odio verso Clodio, coinvolgendolo direttamente nella questione.

Questo processo del 56 a.C., divenne l’evento dell’anno, in grado di appassionare per mesi l’intera popolazione, avida di conoscere ogni intrigo a riguardo. Cicerone trasformò il processo in una vera e propria requisitoria contro Clodio, responsabile delle sue recenti disgrazie, grazie alla sua grande abilità oratoria, in grado di mescolare allusioni più o meno nascoste ad accuse terribili. Nella sua foga, Cicerone, accecato ancora dalla rabbia per l’esilio,  coinvolse anche la sorella del tribuno, Clodia, ex amante di Rufo, e colpevole di avergli preferito Catullo, allora solo un giovanissimo poeta, trasformandola in una perfida ammaliatrice, capace di ogni scandalo o ricatto, e addirittura ritenuta in grado di avvelenare il marito, Quinto Cecilio Metello, morto per uno strano incidente domestico solo tre anni prima.

I Processi nell'antica Roma
I Processi nell’antica Roma

I processi nell’antica roma, il pubblico:

E’ proprio grazie alle arringhe di personaggi come Cicerone che durante i processi nell’antica Roma, il pubblico amava infiammarsi e prendere le parti dell’uno o dell’altro, è così che tra un’accusa e un oltraggio, il popolo rumoroso e spesso rissoso, era  in grado di ascoltare in maniera composta i discorsi degli oratori per ore intere, portandosi addirittura il pranzo, per non essere costretti ad abbandonare lo spettacolo. Ecco che così si alternavano, gli applausi e gli schiamazzi contemporaneamente alle espressioni più pungenti degli oratori, un mix esplosivo in grado di mettere in forte disagio anche le personalità più in vista, che per una volta, o anche più volte,  si trovavano vittime loro malgrado di invidie personali o di intrighi di vario tipo. La bravura degli oratori stava poi anche nel sapere accompagnare le parole alla teatralità dei loro gesti, una pratica che accentuava molto l’entusiasmo del pubblico. Abbracciare figli ancora piccoli, strapparsi le vesti, piangere chiamando a testimoniare i Lari, erano solo alcuni degli espedienti usati dagli avvocati per suscitare l’emozione del pubblico, ma anche dei giudici, sperando così di riuscire a vincere una causa che magari si presentava particolarmente difficile. Tirando le somme, l’avvocatura nell’antica Roma non era una professione vera e propria, bensì come riportano alcune fonti, una specie di servizio sociale con funzioni civili, a cui ci si dedicava senza ricevere alcun compenso, come stabilito tra l’altro dalla Lex Cincia del 204 a.C.. Tuttavia però questo ostacolo veniva facilmente aggirato, e gli sforzi di Cicerone o dei suoi meno illustri colleghi, venivano regolarmente ripagati con cibo, beni materiali ed altre offerte di vario genere, naturalmente Cicerone avrebbe ricevuto un gran numero di doni per i suoi servigi, mentre uno alle prime armi si sarebbe probabilmente accontentato di qualche salsiccia e una brocca di vino. Vi era però anche l’altra faccia della medaglia, se da un lato era un diritto sacrosanto la difesa di una persona considerata innocente, dall’altro poteva diventare una grande seccatura come ci tramanda Orazio. Il poeta infatti ci racconta di come, durante le sue camminate lungo la via Sacra, numerosi postulanti continuassero a tirarlo per la toga, richiedendo una sua perizia come avvocato difensore, costringendolo quindi a svicolare attraverso vie secondarie per sfuggire agli scocciatori.

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https://romeguides.it/2021/04/27/i-processi-nella-roma-antica/

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