La battaglia di Antiochia del 218 d.C.

La battaglia di Antiochia del 218 d.C., si svolse in verità in un luogo imprecisato fra le città di Emesa e di Antiochia, fra gli eserciti del sovrano Macrino e del giovane Eliogabalo (allora ancora conosciuto con il nome originale di Vario Avito Bassiano), sacerdote del Dio Sole adorato ad Emesa, El Gabal,  sostenuto e spinto al conflitto da Giulia Mesa, zia del precedente imperatore Caracalla.

La battaglia di Antiochia del 218 d.C, i due contendenti, Eliogabalo e Macrino
La battaglia di Antiochia del 218 d.C, i due contendenti, Eliogabalo e Macrino

la battaglia di antiochia del 218 d.c. : contesto storico:

Dopo il conflitto di Nisibis, nell’estate dell’anno precedente, l’imperatore Macrino era riuscito faticosamente a chiudere con il Re dei Parti, Artabano, un accordo di pace che chiudeva il conflitto fra i due grandi regni, scatenato dalle velleità del suo predecessore Caracalla. Tuttavia il reggente dell’impero romano commise con leggerezza alcuni errori che da li a poco, pagò a carissimo prezzo. Il primo grande sbaglio che fece  fu quello di fermarsi ad Antiochia anzichè tornare subito a Roma dove avrebbe potuto rinsaldare il suo potere, ma il secondo fu ancora più rilevante, non curante della sete di potere di Giulia Mesa, ansiosa di tornare in auge dopo la morte del nipote, le permise di far ritorno ad Emesa lasciandole in dote ogni ricchezza accumulata negli anni a Roma al fianco della sorella Giulia Domna, moglie del defunto Imperatore Settimio Severo e madre di Caracalla. La donna infatti, una volta tornata ad Emesa non impiegò molto tempo prima di iniziare a tramare contro Macrino, progettando un ritorno al potere insieme al giovane nipote Vario Avito Bassiano, allora appena quattordicenne e già sacerdote del Dio del Sole. A sostenerla in questo piano si affiancarono due liberti,  personaggi di umili origini che provenivano addirittura dal mondo del teatro, il primo, Publio Valerio era un mimo e danzatore, divenuto incredibilmente comandante della Legio II Parthica,  il secondo, Gannys, cresciuto ai servizi della stessa Giula Mesia e amante della figlia Soemia, divenne tutore dello stesso Bassiano. I tre tanto per cominciare, per legittimare le proprie pretese al trono, inziarono a far circolare una voce, quasi certamente falsa,  secondo la quale  durante una relazione clandestina fra Caracalla e Giulia Soemia, fosse nato proprio Vario, il futuro Eliogabalo, facendone così il discendente diretto del defunto predecessore di Macrino, e legittimando di fatto la propria pretesa al trono. Facendo leva quindi sull’affetto che le legioni ancora nutrivano per Caracalla, il 15 maggio del 218 d.C.,  i tre riuscirono ad entrare negli accampamenti della Legio III Gallica, stanziata proprio nei pressi di Emesa, dove senza particolari problemi riuscirono a far acclamare “Imperator”, il giovane Vario, con il nome di Marco Aurelio Antonino. L’Imperatore Macrino si trovava ora in una posizione assai scomoda. Appartenente al rango equestre, era già mal visto dal Senato che avrebbe preferito un senatore sul trono di Roma, e anche dallo stesso esercito che male aveva digerito una riduzione della paga da lui decisa poco prima.

la battaglia di antiochia del 218 d.c. : svolgimento dei fatti:

Macrino che nel frattempo continuava a dilettarsi negli ozi di Antiochia, fra spettacoli e banchetti, una volta informato dei fatti, continuò a non dare importanza a quanto stava accadendo, incaricando il prefetto Ulpio Giuliano di occuparsi della questione, e reprimere quella che secondo lui doveva essere un’insurrezione di poco conto. Il prefetto, una volta giunto ad Emesa iniziò una violenta repressione di tutta la casta sacerdotale legata a Bassiano, e che di fatto deteneva il potere in città, dopo di che, una volta giunto nei pressi dell’accampamento delle legioni ribelli lo pose sotto assedio. Proprio qui però accadde quello che il prefetto non si aspettava, Cassio Dione nei suoi racconti ci dice infatti che i legionari assediati:condussero sopra il perimetro delle mura Avito Bassiano, che già chiamavano Marco Aurelio Antonino, e mostrarono alcune immagini di Caracalla fanciullo che rivelavano una certa somiglianza con lui, dicendo che egli era veramente suo figlio e doveva essere il successore all’impero”.

Dopo di che mostrarono anche alcuni sacchi di monete, incitando gli assedianti a disertare in loro favore. Questa volta è Erodiano che ci racconta il seguito degli eventi: gli assedianti, “…ammisero che il fanciullo era figlio di Caracalla e anzi lo trovarono assai somigliante; senza indugio, tagliarono la testa di Giuliano e la mandarono a Macrino, mentre si aprivano le porte ed essi venivano ricevuti nell’accampamento”. 

Questa volta Macrino iniziò a comprendere che quella era qualcosa di più che una rivolta di poco conto, e senza indugio raccolse tutte le forze a sua disposizione, dirigendosi ad Apamea dove erano dislocati anche i reparti di pretoriani a lui favorevoli, cercando di non perdere il controllo della situazione e tentando di attaccare le forze ribelli prima che queste continuassero a raccogliere ulteriore favore. Ad Apamea, Macrino nominò “Augusto” il figlio Diadumeniano di appena dieci anni e che era stato nominato suo “Cesare” l’anno prima, poi promise una somma di 20.000 sesterzi a ciascun soldato a patto che gli restassero fedeli, ma durante un banchetto che l’imperatore aveva offerto ai cittadini della città che lo ospitava, gli venne recapitata avvolta in fasce di lino, la testa del prefetto Giuliano. A quella macabra vista Macrino inorridì e capì di non essere più al sicuro, e velocemente fece ritorno ai suoi quartieri ad Antiochia.

La battaglia di Antiochia del 218 d.C.
La battaglia di Antiochia del 218 d.C.

la battaglia di antiochia del 218 d.c. : lo scontro:

Sfortunatamente per Macrino i ribelli intuirono le sue mosse e si fecero trovare lungo il percorso dell’imperatore, in un villaggio imprecisato, ad una trentina di chilometri da Antiochia. Lo scontro avvenne l’8 giugno del 218 d.C.. Mi avvalgo ancora una volta delle parole di Cassio Dione per raccontare gli eventi: “Gannys occupò celermente l’angusto passaggio antistante il villaggio e predispose i soldati secondo un opportuno schieramento di guerra, malgrado avesse pochissima esperienza di tattica militare e avesse condotto la vita negli agi del lusso. Ma la Fortuna è talora così generosa in tutte le circostanze da donare persino la scienza militare a chi non la possiede”. 

Lo scontro che ne seguì fu violentissimo e le truppe di Macrino stavano lentamente prendendo il sopravvento, grazie soprattutto al valore dei pretoriani, che Macrino aveva ben pensato di alleggerire nell’equipaggiamento, in modo da renderli più agili in battaglia. Tuttavia anche in questo caso accadde l’imponderabile, la stessa Giulia Mesa e il giovane Bassiano, scesero personalmente dal loro carro da dove seguivano la battaglia per andare ad incitare da vicino i loro sostenitori, arrestandone il cedimento. Lo stesso Bassiano, secondo alcuni, fu visto salire a cavallo e lanciarsi fra i nemici con il gladio in pugno, un valore che poi non avrebbe mai più mostrato nella sua vita, questo almeno è quello che ci tramanda la “Historia Augusta”. Comunque si siano svolti i fatti, Macrino restò talmente sorpreso dal rinnovato impeto dei ribelli, che spaventato si diede alla fuga, gettando nello sconforto l’esercito a lui fedele, che demoralizzato, iniziò in parte a defezionare, e in parte a crollare sotto i colpi dei ribelli, facendosi completamente travolgere.

la battaglia di antiochia del 218 d.c. : conclusioni:

Prima che arrivasse ad Antiochia la notizia della sua sconfitta, Macrino inviò il suo giovane figlio presso i Parti, affinchè fosse al sicuro, dopo di che, con il favore della notte iniziò un lungo cammino che secondo i suoi piani lo avrebbe portato a Roma alla ricerca del sostegno del Senato. Una volta rasatosi barba e capelli e indossato una comune tunica per non essere riconosciuto, durante il suo cammino attraversò tutta la Cappadocia fino ad arrivare in Bitinia, per poi imbarcarsi verso Roma. Sfortunatamente però, durante uno scalo in Calcedonia, venne riconosciuto e arrestato dal centurione Aurelio Celso, il quale lo scortò personalmente sulla via del ritorno in oriente. In Cappadocia, Macrino venne informato che anche suo figlio era stato arrestato prima di attraversare il confine a Zeugma, così tentò la fuga, lanciandosi dal carro sul quale era trasportato, fratturandosi gravemente una spalla. Poco dopo l’Imperatore, che allora aveva 53 anni,  venne condannato a morte, una sentenza eseguita dal centurione Marciano Tauro, il quale decapitò il corpo prima di entrare ad Anticochia, consegnando poi la testa allo stesso Eliogabalo. La stessa sorte toccò al giovane Diadumeniano, la cui testa, inflizata su di una lancia, fece il giro della città. Vario Avito Bassiano, ora conosciuto come Eliogabalo era il nuovo imperatore di Roma.

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