La magia e la stregoneria nell’antica Roma

La magia e la stregoneria nell’antica Roma, come la scaramanzia, erano davvero parte integrante di quell’affascinante e misteriosa realtà.

LA MAGIA E LA STREGONERIA NELL’ANTICA ROMA:

La magia e la stregoneria nell’antica Roma, rappresentava il vero lato oscuro della civiltà romana, fatto di gesti, usanze e parole, ma anche di riti arcaici e barbari messi in atto dai maghi e dagli stregoni dell’epoca. Sembra incredibile, ma tali usanze si radicarono a tal punto nella società che in diversi casi molti nostri comportamenti odierni o credenze le ricalcano perfettamente, seppure con le differenze dettate dal cambio dei tempi, ma andiamo con ordine.

La magia e la stregoneria nell'antica Roma
La magia e la stregoneria nell’antica Roma
LA MAGIA E LA STREGONERIA NELL’ANTICA ROMA: I MAGHI:

Agli albori della civiltà romana, più o meno dalla fondazione della città, fino all’incirca la metà dell’età repubblicana, il termine “mago” secondo la nostra accezione classica, era assolutamente sconosciuto, ma con il passare del tempo, e soprattutto con l’ampliamento dei territori conquistati, Roma acquisì nuove conoscenze, entrò in contatto con nuove etnie e nuove popolazioni, assimilandone le religioni e le loro credenze. Gli antichi romani non annientavano le tradizioni dei nuovi popoli sottomessi,anzi, non ne avevano proprio alcun interesse, anche perchè essi rappresentavano il futuro  e la continuità della Repubblica romana, e poi dell’Impero. Viceversa, chi entrava in contatto con Roma, scopriva un nuovo mondo, una nuova prospettiva e un notevole miglioramento della vita, ed era a sua volta interessato e incoraggiato a farne parte. Fatto sta che con il graduale aumento dei territori sottomessi e l’incremento consistente dei flussi di esseri umani che si spostavano all’interno del nuovo Stato, in particolare verso la Capitale, il termine “magus” nel corso del I secolo a.C., si affacciò per le primissime volte ad indicare coloro che praticavano le arti magiche.

I maghi trattavano per lo più nozioni mediche e religiose, di conseguenza fiorivano metodi per propiziare la nascita di un figlio pregando gli Dei adeguati, oppure venivano esercitati dei riti per mantenere un nascituro, o la madre che lo aveva partorito, in vita, dato che la mortalità durante il parto, sia del figlio appena nato che della madre era altissima. Potevano poi essere preparati dei filtri d’amore, pozioni per lenire il dolore o riti per attirare la fortuna. Naturalmente pagando somme non certamente molto economiche, maghi e streghe si mettevano a disposizione dei loro clienti, esattamente come oggi fanno i vari cartomanti. Questi personaggi già all’epoca non erano visti di buon occhio, tant’è che via via, nel corso della storia, vennero promulgate sempre più leggi per tentare di limitare l’espansione del fenomeno. Si andava quindi dalla confisca dei beni, di epoca repubblicana che riguardava anche i “pigmentarii”, i farmacisti dell’antica Roma che erano soliti vendere diversi prodotti ai vari maghi, fino ad arrivare all’età imperiale quando venne prevista la pena di morte per i maghi che avessero effettuato rituali finalizzati a delitti.

LA MAGIA E LA STREGONERIA NELL’ANTICA ROMA: GLI ANEDDOTI:

Due aneddoti in particolare ci fanno riflettere su come funzionava all’epoca il meccanismo della magia e della stregoneria nell’antica Roma.

Famoso fu il caso di tre ricche matrone romane, da poco tempo rimaste vedove che vennero scoperte mentre mescolavano liquidi misteriosi all’interno di una grossa pentola. Interrogate sugli ingredienti che stavano utilizzando, le tre donne si rifiutarono di approfondire l’argomento, ragion per cui vennero condannate a trangugiare ciò che stavano preparando. Le tre matrone romane morirono da li a pochi minuti, avvelenate dal loro stesso composto e questo avvenimento, tramandatoci da ignoti dell’epoca, destò molto scalpore fra la popolazione, attirando di conseguenza l’opinione pubblica sull’espandersi di tale fenomeno.

Un altro aneddoto ce lo racconta Orazio, svelandoci così i torbidi risvolti che riguardavano i rapimenti dei bambini in tenera età, purtroppo molto  frequenti,  utilizzati per barbari rituali magici:

“Il bambino ancora impubere, spogliato delle sue insegne di libero, avrebbe intenerito perfino il cuore crudele dei Traci. […] Così il bambino, seppellito nella fossa con il volto scoperto, come i nuotatori che emergono dall’acqua soltanto con il mento, morirà lentamente, davanti allo spettacolo di piatti carichi di cibi spesse volte cambiati. E quando gli occhi fissi sul nutrimento negato si saranno chiusi per sempre, il midollo e il fegato disseccati del bambino diventeranno un filtro d’amore.”

Un altro terribile aneddoto a conferma di quello appena riportato, è tornato alla luce con un epitaffio trascritto sopra ad una stele funeraria, che recita come segue:

“Giocondo, figlio di Grifo e di Vitale. Mi avviavo verso il quarto anno, ma sono sotto terra, mentre avrei potuto fare la gioia di mio padre e di mia madre. Una strega crudele mi ha tolto la vita. E’ ancora sulla terra, lei, e pratica ancora i suoi pericolosi artifizi. Voi, genitori, custodite bene i vostri bambini, se non volete avere il cuore trapassato dalla disperazione”.

Canidia o Sagana erano i nomi delle streghe più consociute dell’epoca e chissà che questo bambino non sia rimasto vittima proprio di una di loro due.

La magia e la stregoneria nell'antica Roma
La magia e la stregoneria nell’antica Roma
LA MAGIA E LA STREGONERIA NELL’ANTICA ROMA: LA DIVINAZIONE:

Più tollerate e in un certo senso più legali erano le divinazioni. La divinazione avveniva per mezzo del volo degli uccelli, chiamata “Auspicium” da “Aves Spicium”, cioè osservazione degli uccelli, in particolare la zona a nord est era considerata ottima, sud est discreta, sud ovest non propizia, mentre  la zona a nord ovest, essendo considerata la zona degli Inferi, era di pessimo auspicio. Poi c’erano gli Aruspici, indovini che erano soliti esaminare le viscere delle vittime sacrificali, in particolare il fegato, per trarne segni divinatori.

Moltissime erano poi le superstizioni che guidavano in molte circostanze l’intera giornata di un abitante dell’antica Roma. Subito al mattino appena svegli si faceva estremamente attenzione a poggiare a terra per primo il piede destro nello scendere dal letto, piede destro che in seguito veniva utilizzato per primo anche per varcare la soglia di casa quando si usciva, questo perchè per tradizione, tutto ciò che stava a destra era indice di protezione degli Dei, e se per caso qualcuno si fosse dimenticato di questa tradizione, state pur certi che sarebbe tornato indietro per ripetere il tutto nel giusto modo. Vi erano poi segnali ben precisi che venivano considerati nefasti e di cattivo auspicio, come ad esempio udire lo squittire dei topi quando si camminava per i vicoli della città, oppure l’improvvisa rottura di una trave nella propria abitazione, e ancora, se un cane nero si introduceva in casa veniva considerato un segno di grandissima sventura, per arrivare poi al grande classico, come rovesciare sulla tavola il vino o il sale, simbolo di pessimo auspicio anche per noi ai nostri giorni. Era poi buona norma, specialmente durante i banchetti, fare attenzione a non far cadere nulla a terra, oppure evitare di starnutire, sperando poi durante il sonno notturno di non fare sogni infausti. Quando cadeva un fulmine durante un temporale, era buon uso emettere un fischio per esorcizzare il rischio di sfortuna.

Vi sono poi una serie di curiosità che gli antichi romani ci hanno lasciato in eredità come ad esempio la sfortuna legata al numero 17. Il numero 17 in numeri romani si scriveva XVII, e anagrammandolo potrebbe essere letto “VIXI”, cioè “vissi”, ho vissuto, al passato e non nel tempo presente.

Un’altra usanza ancora oggi attualissima è quella di portare in braccio la sposa oltre la porta d’ingresso della nuova abitazione. Anche nell’antica Roma avveniva la stessa cosa, questo perchè se la sposa fosse inciampata nell’entrare nella nuova dimora sarebbe stato considerato un avvenimento incredibilmente negativo.

Ancora oggi a Roma se recandoti a casa di qualcuno, prima di andartene rimetti la sedia a posto, potrebbe essere sinonimo del rischio di non fare più ritorno in quella abitazione (e di conseguenza di passare a miglior vita), o per lo meno questo e quello che pensavano gli antichi romani. Ad ogni buon conto c’era la possibilità di ovviare a tutti questi pericoli con l’uso degli amuleti e dei talismani, che nell’antica Roma erano innumerevoli. La maggior parte di questi amuleti potevano essere in pietra o in metallo, e venivano indossati come ornamenti o gioielli, in particolare come collane (Bulla), braccialetti e anelli. Molto diffuse erano le lunule, pendagli a forma di mezza luna, vi erano poi ancora i Crepundia, medaglioni a sonagli di varie forme che di solito venivano messi al collo dei bambini per tenere lontano gli spiriti maligni  con il suono delle piccole pietre in essi contenute.

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