La Rupe Tarpea


La Rupe Tarpea come appare oggi
La Rupe Tarpea come appare oggi
Tarpeia era una vergine vestale, figlia del guardiano della rocca del Campidoglio, Spurio Tarpeio. I fatti sono ambientati ai tempi in cui i Sabini assediavano Roma, dopo il famoso “ratto” ad opera dei Romani. L’assoluta inutilità di un lungo assedio fece capire agli attaccanti che sarebbe stato impossibile prendere la città con la forza, così iniziarono a pensare ad un tranello, e vennero perciò in contatto con la vestale che ingolosita dalle armille (preziosi bracciali) che i Sabini portavano al braccio sinistro scelse di venire a patti con il loro Re, Tito Tazio. Tarpeia, in cambio dei preziosi monili accettò di aprire di nascosto agli invasori le porte della città, l’accordo era così raggiunto.

La fanciulla così, si diresse verso le porte della città e bramosa di avere tutta per lei quelle ricchezze, le aprì incautamente, i Sabini così poterono entrare senza sforzi, e una volta conquistato anche il Campidoglio si incontrarono nuovamente con la giovane che reclamava la sua ricompensa. Sfortunatamente per lei i Sabini non furono di parola, o piuttosto lo furono fin troppo, tolte le armille dai loro avambracci le gettarono sulla ragazza insieme anche ai loro scudi di bronzo schiacciandola sotto l’enorme peso. Gli storici dell’epoca ci dicono che Tarpeia non perì in quell’episodio, catturata dai romani infatti fu dapprima smascherata per il suo tradimento , poi gettata dalla rupe del Campidoglio, che da quel giorno prese il suo nome. Stessa sorte toccò probabilmente anche al padre Spurio, accusato anch’esso di tradimento.

Il supplizio di Tarpeia ad opera dei Sabini  in una moneta del I secolo a.C.
Il supplizio di Tarpeia ad opera dei Sabini in una moneta del I secolo a.C.

Plutarco ci racconta di altre due versioni della storia di questo personaggio mitologico femminile:
la prima sosteneva che Tarpeia fosse figlia dello stesso Tito Tazio, il comandante dei Sabini, la quale fu costretta a vivere con Romolo ed ebbe questa sorte per volontà del padre;
la seconda raccontava la versione di un certo Similo, alquanto inverosimile per lo stesso Plutarco, secondo il quale Tarpeia avrebbe consegnato la rocca capitolina ai Celti Boi, non ai Sabini, poiché si era innamorata del loro re.

La Rupe Tarpea era quindi in Roma il lato meridionale della rocca del Campidoglio dalla quale venivano gettati nel Foro sottostante chiunque fosse stato condannato a morte, come nel caso di Spurio Cassio Vecellino, console tre volte nel 502, 493, e 486 a.C.. e portato in giudizio dai due questori Cesone Fabio Vibulano e Lucio Valerio Potito, con l’accusa di aspirare a diventare Re di Roma. Processato e giudicato colpevole fu gettato dalla Rupe dagli stessi questori.
La rupe di Tarpea veniva usata per condannare anche le persone che si rifiutavano di testimoniare, visto che erano le uniche fonti di prova avendo i contratti unicamente forma orale.
L’usanza di giustiziare i condannati dalla rupe rimase in voga fino a tutto il primo secolo dopo Cristo.

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