L’Ara Pacis

L’Ara Pacis è un altare dedicato da Augusto alla Dea Pace, di ritorno dalle vittoriose campagne militari di Gallia e di Spagna, lo stesso Ottaviano sul suo “Res Gestae” ci dice: “…compiute felicemente le imprese in quelle province, il Senato decretò che per il mio ritorno si dovesse consacrare l’Ara della Pace Augusta presso il Campo Marzio e dispose che in essa i magistrati, i sacerdoti e le vergini vestali celebrassero un sacrificio annuale”.

Il monumento fu dedicato alla Pace Augusta nel 9 a.C., e posto sulla via Lata a circa un miglio dal “Pomerium”, il limite cittadino dove il console perdeva i poteri militari ottenuti per quella campagna, e riotteneva, rientrando in città i diritti civili. Una delle più belle e suggestive opere dell’arte augustea, l’Ara Pacis doveva in origine essere costruita all’interno della Curia per volere del Senato, che poi optò per edificarla nel Campo Marzio, luogo che al tempo era di recente urbanizzazione e serviva per le esercitazioni militari. La decisione di erigere questo altare fu presa nel 13 a.C. dal Senato, ma per vari motivi la dedica all’Ara avvenne solo il 30 gennaio del 9 a.C., giorno del compleanno di Livia, moglie di Augusto.

L’Ara Pacis si presenta come un recinto di forma rettangolare situato su di un basso podio, fornito di due porte sistemate sui lati più lunghi, all’interno del recinto posto su 3 gradini vi è l’altare e altri 5 gradini servivano per permettere al sacerdote di raggiungere il piano su cui si celebravano i sacrifici. Il recinto esterno di marmo è riccamente decorato con bassorilievi di varia profondità, questi sono suddivisi in due registri, uno superiore decorativo e uno inferiore a motivi vegetali, quattro pilastri agli angoli e 4 colonne vicine alle due porte reggevano l’architrave andato perduto e oggi ricostruito, l’arte greca, ellenistica e romana sono tutte racchiuse in questo monumento che rappresenta il forte legame fra Augusto e la Pax, ricollegandosi alla figura di Enea, mitico progenitore della “gens Iulia”, e alla celebrazione dello stesso Augusto, che compare sul monumento abbigliato alla moda dei giovani troiani.

La Personificazione di Roma rappresentata a colori
La Personificazione di Roma rappresentata a colori

I due pannelli figurati del lato principale, dal quale si accedeva all’altare, rappresentano il Lupercale e il Sacrificio di Enea ai Penati. Nel primo pannello posto a sinistra si ricostruisce la mitica fondazione di Roma: vi si riconosce il dio Marte armato, padre dei gemelli Romolo e Remo e divinità protettrice dell’Urbe, e il pastore Faustolo; essi assistono, all’allattamento dei gemelli da parte della lupa, tra i resti di piante palustri che caratterizzano lo sfondo.
Nel pannello destra si trova invece il Sacrificio di Enea ai Penati. Vi si riconosce Enea, col figlio Ascanio o Augusto (ritenuto discendente di Venere) presso un altare rustico. L’altare è avvolto da festoni e vi vengono sacrificati primizie e la scrofa bianca di Laurento. Il sacrificio è destinato ai Penati (protettori) di Lavinio, che presenziano alla scena affacciandosi da un tempietto sulla roccia, posto sullo sfondo in alto a sinistra. Enea ha il capo velato e veste un mantello che gli lascia scoperto parte del busto.
Sull’altro lato dell’altare si trovano i rilievi della personificazione di Roma, andato quasi completamente perduto, e della Saturnia tellus. Proprio il pannello della Saturnia Tellus è uno di quelli meglio conservati, giunto ai nostri giorni praticamente intatto, si tratta di una allegoria di una mitica terra dell’Età dell’oro. Il rilievo rappresenta una grande figura matronale seduta con in grembo due putti e alcune primizie. La figura centrale potrebbe essere Venere Genitrice o una personificazione dell’Italia, o forse ancora la dea Pax: d’altronde la presenza di Venere sarebbe coerente con il rilievo della personificazione di Roma, i cui culti saranno poi accoppiati.

Il fregio con la processione della famiglia imperiale.
Il fregio con la processione della famiglia imperiale.

Sui lati lunghi è raffigurata la processione per il voto dell’Ara, divisa in due parti: una ufficiale, coi sacerdoti, e l’altra semiufficiale con la famiglia di Augusto.Il fregio va letto unitariamente in quattro sezioni: metà di quella ufficiale e metà di quella semiufficiale per lato, ma se le due scene della processione ufficiale sono una il seguito dell’altra, le due scene della famiglia imperiale vanno considerate come una accanto all’altra.
L’identificazione dei personaggi non si può dire che sia certa al cento per cento, ma viene oramai accettata da tutti, si tratta di una raffigurazione politica ideale, considerando le gravi incertezze di quegli anni legate alla successione. La processione quindi si apre con Agrippa, morto nel 12 a.C., rappresentato di profilo col capo coperto, seguito dal piccolo Gaio Cesare, figlio adottivo e nipote dello stesso Augusto, poi Giulia maggiore, sposa di Agrippa e figlia di Ottaviano Augusto, poi segue il futuro Imperatore Tiberio, Antonia minore, figlia di Marco Antonio che tiene per mano il figlio Germanico, figlio anche di Druso che segue subito dopo. Nel seguente gruppo di figure invece appaiono Antonia maggiore e i figli Domizio Enobarbo (futuro padre di Nerone) e Domizia Longina poi il marito di Antonia, Lucio Domizio e in secondo piano Mecenate, il personaggio successivo che fa cenno di silenzio ai bambini presenti potrebbe essere il console Marco Appuleio che era figlio di una sorellastra di Augusto. In cima prosegue poi la processione con gli àuguri custodi dei libri sibillini e i sacerdoti preposti ai banchetti e ai giochi circensi, riparte poi la sfilata della casa imperiale sul lato sud, aperta da Lucio Cesare e dalla madre Giulia, poi Claudia Marcella maggiore con il console Iullo Antonio e la piccola Giulia minore poi ancora Claudia Marcella minore con il console Sesto Appuleio. Sui due lati è quindi raffigurata la ferrea successione al trono che cominciava da una parte da Giulia e da Agrippa dall’altra.

Nel corso della storia il monumento subì la sorte di molti altri, in particolare in epoca medioevale venne privato di diverse parti marmoree, alcune delle quali poi recuperate, ma fu negli anni 30 che l’Ara Pacis venne ricoperta dalla prima struttura, anche se non con il progetto originale che prevedeva una struttura simile ad un tempio romano con colonne e lettere di bronzo, e fu inaugurata da Benito Mussolini nel 1938 in occasione del bimillenario di Augusto. La teca che vediamo oggi non è più la stessa, nel 1995 infatti il comune di Roma visto il cattivo stato in cui era, affidò un nuovo progetto all’architetto americano Richard Meier, la nuova struttura fu inaugurata in occasione del Natale di Roma del 2004 ed è quella che vediamo ancora oggi.

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