Le truffe di Postumio e Veientano

Avvalendoci degli aneddoti di Tito Livio, raccontiamo le truffe di Postumio e Veientano, due appaltatori vissuti ai tempi della seconda guerra punica, e protagonisti di una storia accaduta molti secoli fa, ma tremendamente attuale.

Le truffe di Postumio e Veientano
Le truffe di Postumio e Veientano

LE TRUFFE DI POstumio E VEIENTANo, chi erano i due appaltatori?

Fra il 212 e il 211 a.C., la seconda guerra punica era nel pieno del suo svolgimento, Annibale imperversava in Italia, dopo aver battuto i romani sul fiume Trebbia nel 217 a.C., e poi sul Trasimeno e a Canne l’anno successivo, spostandosi poi più a sud, conquistò Capua, gettando nel panico la Repubblica. Proprio in questo contesto, due persone senza scrupoli salirono agli onori della cronaca. Marco Postumio Pyrgense e Tito Pomponio Veientano erano due pubblicani, ovvero appaltatori di tributi, una categoria che già godeva di pessima fama per gli abusi perpetrati, e per i quali i due non fecero nulla per smentirli, anzi se possibile peggiorarono ulteriormente la situazione quando decisero di perpetrare una serie di truffe ai danni dello Stato. Gli episodi, tutti analoghi,  si sarebbero ripetuti con una certa cadenza, allo stesso modo di come si sarebbe cercato di condurre in tribunale i colpevoli, insabbiare e pilotare i vari processi.

Le truffe di Postumio e Veientano si palesarono a partire dal 212 a.C., quando a Roma i consoli non poterono adempiere al compito dell’arruolamento delle truppe, in quanto era in atto un processo ai danni di Marco Postumio, che per i suoi effetti rischiava di creare pericolose sommosse in città. Tito Livio ci tramanda che Postumio in quegli anni era un appaltatore di tributi senza scrupoli e senza rivali, solo Pomponio Veientano gli teneva testa in fatto di avidità di denaro, fatto sta che i due presero ad approfittarsi in modo criminale delle navi che trasportavano truppe e merci in Spagna, e che erano assicurate dallo Stato contro il rischio di eventuali tempeste.  La truffa infatti consisteva nel denunciare dei naufragi, in parte completamente inventati e in parte reali perchè provocati da loro stessi, caricando vecchie navi, del tutto inadatte ad affrontare il mare con quel tipo di carico, che il più delle volte era di scarso valore, oppure quando invece il valore era notevole, poco prima dell’affondamento, il tutto veniva trasferito su imbarcazioni più solide, per poi denunciare una perdita economica ben superiore a quella effettiva. La frode però presto venne a galla e venne denunciata al pretore Emilio Lepido, che puntualmente riferì tutto al Senato. Dato il delicato momento attraversato da Roma, si pensò di non approvare alcuna risoluzione di condanna per non recare danno alla categoria degli appaltatori, ma il popolo ebbe molto meno indugio, così i tribuni della plebe furono infine costretti ad agire contro quegli odiosi imbrogli.

LE TRUFFE DI POstumio E VEIENTANo, imputati e accusatori:

Come ampiamente riportato i principali imputati erano i cosiddetti Pubblicani, ossia esponenti di società private che dovevano adempiere a particolari compiti per conto dello Stato, come ad esempio la riscossione delle tasse, lo sfruttamento di boschi e miniere, la costruzione di strade e gli approvvigionamenti dell’esercito. La loro fama era già all’epoca ai minimi storici per i loro soprusi e i vari abusi di cui si spesso si macchiavano, e l’inerzia non cambiò neppure nel corso dei secoli successivi, quando le loro vittime preferite divennero i contribuenti delle province, e più lontani da occhi indiscreti. Un esempio chiaro dei loro discutibili metodi lo ritroviamo nell’ambito della riscossione delle tasse, essi infatti erano soliti anticipare di propria tasca la somma che lo Stato esigeva, per poi rifarsi della somma versata, dal contribuente a suon di interessi sempre più alti, il che li portava a recuperare molto di più di quanto da loro versato in precedenza. Da questo esempio si può ben capire l’astio che ogni cittadino nutriva per loro, ma allo stesso tempo, sottointende anche la mancata condanna da parte del Senato, verso coloro i quali, comunque garantivano entrate sicure all’erario.

Le truffe di Postumio e Veientano
Le truffe di Postumio e Veientano

LE TRUFFE DI POstumio E VEIENTANo, processo e sentenza:

Il processo verso i due imbroglioni si svolse in un clima di profonda tensione, e la folla che accorse ad assistervi, a stento poteva essere contenuta sul Campidoglio. Gli imputati speravano di contare sull’appoggio di uno dei tribuni della plebe, in particolare su Servilio Casca, un parente di Postumio, non che suo socio in affari, purtroppo per loro però, non si sa se per paura o per vergogna, questi scelse la neutralità e non intervenne nella questione. Vennero dunque ascoltate tutte  le testimonianze e le arringhe degli accusatori e di chi si difendeva , dopo di che i tribuni della plebe, Carvilio e Spurio proposero che i due accusati venissero multati per una somma di 200.000 assi, ma qui i sostenitori di Postumio e Veientano presero ad agitarsi notevolmente minacciando una vera e propria rivolta armata, così ogni sentenza venne momentaneamente rinviata, in attesa che le acque si fossero calmate. La sedizione era comunque questione di tempo e infatti non tardò ad arrivare, tuttavia i magistrati preferirono non intervenire, facendo in modo che i più esagitati si sfogassero, per poi colpirli anch’essi alla sentenza del processo che ormai era prossima. Gli imputati furono condannati al pagamento di una forte somma come cauzione per il rilascio, o, in alternativa, all’incarcerazione qual’ora non fornissero le garanzie necessarie, Postumio e Veientano non si presentarono mai in giudizio e vennero condannati in contumacia, all’esilio, e i loro beni confiscati dallo Stato. Quanti erano stati coinvolti nei disordini scoppiati durante il processo furono invece direttamente incarcerati, i beni confiscati, privati dei diritti civili e poi esiliati in modo permanente. Tali sentenze, non così scontate agli occhi degli accusatori, visto il coinvolgimento diretto di alcuni esponenti molto in vista, stavano proprio nel fatto che gli imputati avevano davvero passato ogni limite tollerabile, non solo approfittando dello Stato, ma privandolo di preziose risorse in un momento storico così delicato, dove la presenza di Annibale sul suolo italico, metteva in discussione l’esistenza stessa della Repubblica.

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https://www.storiaromanaebizantina.it/la-truffa-dei-finti-naufragi-di-pyrgense-e-veientano/

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