Legione contro falange, chi vince?

Legione contro falange, chi vince? detta così appare molto semplicistica la questione, anche perchè la storia ci insegna che la maggior manovrabilità dei legionari  risultò decisiva in tutti i confronti diretti sul campo, ma quella romana non fu altro che un’evoluzione di un modo di fare la guerra che rivoluzionava tutto il mondo antico.

Entrambe, in epoche diverse sono state le armate più temute di tutto il mondo conosciuto, seminando il terrore nel nemico solo a prima vista, ma quali furono gli stratagemmi che consentirono alla loro fama di attraversare tutti questi secoli? Cercherò oggi di ripercorrere a grandi linee le tappe principali che portarono al loro successo.

Legione contro falange, chi vince?
Legione contro falange, chi vince?

legione contro falange, chi vince? evoluzione dall’oplita al falangita:

La nascita della temibile falange macedone la si deve al genio di Filippo II, padre di Alessandro Magno, il quale trasformò il suo piccolo stato in una potenza militare in grado di soggiogare in poco tempo tutta la gran quantità di poleis greche, dosando in modo sapiente guerra e diplomazia a seconda delle convenienze. L’arte di Filippo fu poi migliorata e portata ai massimi livelli dal figlio Alessandro, in grado di estendere i confini del suo regno fino all’estremo oriente, facendo della falange la spina dorsale del suo esercito per sottomettere tutte le popolazioni incontrate. I macedoni però non avevano inventato niente di nuovo, avevano solo apportato dei cambiamente ad un modo di combattere che già esisteva, ed era quello degli opliti greci, anche loro inquadrati in una formazione compatta e dotati di armatura, schinieri, una lancia ed un pesante e ampio scudo rotondo, chiamato “oplon”, da cui deriva appunto il nome oplita. La forza degli eserciti greci non stava nel valore del singolo come poteva avvenire fra le popolazioni barbariche, ma stava nella coordinazione di tutti i fanti, i quali, muovendosi come un solo gruppo compatto, si scontravano col nemico in modo violentissimo, disgregandone lo schieramento. Ai tempi della Grecia classica, lo scontro fra opliti di polis diverse, sarebbe apparso forse come una mischia furibonda, nella quale ha la meglio “chi spinge di più”, e chi più a lungo fosse riuscito a mantenere compatta la propria formazione, ma un primo mutamento avvenne proprio all’interno dello stesso mondo greco. Furono infatti i generali tebani, Pelopida e Epaminonda a modificare la profondità degli schieramenti oplitici, con il cosiddetto schieramento obliquo, particolarmente rinforzato sul lato sinistro, e in grado di sconfiggere persino i temuti spartani a Leuttra nel 371 a.C..

legione contro falange, chi vince? da oplita a falangita:

Prigioniero a Tebe quando era solo un giovane principe, Filippo osservò con molta cura la macchina da guerra greca in azione e ne raccolse ogni spunto, così da perfezionare il suo personale esercito una volta salito sul trono della Macedonia. Per prima cosa arruolò personalmente un esercito di soli macedoni, indissolubilmente legati alla propria terra, che poi addestrò per tutto l’anno, e non solo per pochi mesi come avveniva in Grecia. Tatticamente, serra ancora di più i ranghi e moltiplica la profondità delle file costituendo uno schieramento praticamente invalicabile, a differenza dei greci però i macedoni eliminano le armature e riducono le dimesioni dei pesanti e ingombranti oplon rotondi a beneficio di uno scudo più ridotto di appena 60 cm di diametro. L’arma principale divenne la sarissa, una lancia lunga circa cinque metri che ogni soldato brandiva con entrambe le mani, e il cambiamento più drastico fu proprio quella concezione di riuscire a difendersi maggiormente, attaccando con una lunga picca, e tenendo l’avversario a distanza, piuttosto che affidarsi ad un pesante scudo. Al tempo stesso le lunghe sarisse delle fila posteriori, tenute verso l’alto, fornivano  un certo riparo dalle frecce o dai proiettili scagliati da lontano. A prima vista una falange macedone appariva come un istrice, con le sarisse delle prime cinque file spianate in avanti, mentre quelle posteriori  puntavano verso l’alto, una visione in grado di atterrire qualsiasi nemico dell’epoca.

Legione contro falange, chi vince? la falange macedone
Legione contro falange, chi vince? la falange macedone

Filippo però sapeva che la sola falange sarebbe stata fragile sui lati, ragion per cui costituì anche il corpo degli Ispapisti, che armati come i tradizionali opliti, avevano il compito di proteggerne i fianchi, evitando pericolosi accerchiamenti, oltre ai peltasti schermagliatori e alla temutissima cavalleria macedone, i fortissimi “Hetairoi”, detti anche “compagni del Re”, in squadroni da 300 cavalieri ognuno. La perfetta combinazione fra tutti questi reparti, fu la chiave del successo macedone su tutti quegli sterminati, ma deboli, eserciti persiani incontrati strada facendo, rendendo quella macedone, una macchina da guerra praticamente imbattibile. Un brillante esempio di quanto detto sono i successi di Filippo a Cheronea nel 338 a.C., e quelli di Alessandro a Isso e Gaugamela nel 333 e nel 331 a.C..

legione contro falange, chi vince? il cammino della legione:

Quando Roma era ancora un piccolo centro abitato e a malapena si affacciava nella storia, la sua tattica di guerra, non che l’equipaggiamento di ogni soldato, ricalcava ne più ne meno quello dell’oplita greco,  ma una prima riforma si ebbe grazie al Re, Servio Tullio, (578-535 a.C.)  il quale divise la cittadinanaza per censo. Così divisa in classi, la popolazione veniva ulteriormente divisa in centurie, (gruppi di 100 uomini), e ogni classe sociale aveva l’obbligo di fornirne all’esercito un certo numero. Il principio era semplice, in base alle possibilità, ogni cittadino si armava come poteva, naturalmente, più alta era la disponibilità più l’equipaggiamento era migliore. Chi aveva l’armamento migliore andava a formare l’ossatura principale dell’esercito, mentre gli altri andavano ad ingrossare le fila degli altri reparti. I cittadini di prima classe, potevano dotarsi di una lancia, una spada, uno scudo rotondo,  una pesante armatura, un elmo e schinieri in bronzo. Quelli di seconda classe possedevano un armamento simile, ma non potendosi permettere anche una corazza, si dotarono di uno scudo ovale che forniva loro una maggiore protezione, stessa cosa per quelli di terza classe che però risultano sprovvisti anche degli schinieri. Le ultime due classi, le più povere erano invece destinate a tattiche di schermaglia e armate di fionde, dardi o sassi. Con queste formazioni la Roma delle origini, iniziò a farsi largo fra le popolazioni italiche.

A dispetto di quanto successo con i falangiti macedoni, a Roma, pur partendo sostanzialmente dalle stesse basi, l’evoluzione dei soldati si incanalò in una direzione differente, privilegiando una formazione molto più flessibile. Per i romani un diverso adattamento fu una vera e propria necessità, in quanto molto spesso non si trovavano a combattere in campo aperto, ma furono costretti a fronteggiare popoli che si affidavano piuttosto a tattiche di guerriglia. Ed è proprio per fronteggiare le tante imboscate, proverbiali quelle tese dai Sanniti, che iniziarono a strutturarsi i cosiddetti manipoli, capaci di fronteggiare le minacce anche in terreni impervi e sconnessi,. La legione manipolare di cui parla Polibio nel III secolo a.C., conta di circa 4.000 uomini, suddivisi in contingenti in base all’esperienza e all’armamento in dotazione, i più giovani e meno equipaggiati erano i velites, addetti alle schermaglie iniziali, seguivano poi gli hastati, incaricati di portare il primo scontro, seguiti dai meglio armati principes, finendo poi con l’ultima linea di soldati più anziani ed esperti, che intervenivano solo quando le cose volgevano al peggio, i triarii.  Rispetto alla riforma di Servio Tullio anche l’armamento è cambiato, solo i triarii hanno ancora in dotazione una lunga lancia, mentre gli altri, oltre al gladio, hanno in uso anche il famoso pilum, un dardo in legno con una sottile ma letale punta in metallo che veniva scagliato prima di entrare nello scontro corpo a corpo. Anche lo scudo era stato modificato, passando da una forma rotonda ad una forma più allungata, in grado di proteggere gran parte della figura, ma il segreto vincente delle legioni fu senza dubbio la grande disciplina con la quale venivano impiegate sul campo, lasciando infatti  i varchi fra le varie linee di reparti in modo che un singolo soldato potesse combattere fino ad un dato segnale, per poi avere lo spazio di ripiegare per far subentrare chi stava dietro, fu un modo molto efficace  di ruotare gli uomini che permetteva di avere sempre soldati in piena forza nelle prime linee. Se gli hastati e i principes, che avevano ruoli prettamente offensivi, non ottenevano un buon esito, entravano in campo i triarii che avevano invece una vocazione più di difesa delle posizioni, il che permetteva alle prime due linee di riorganizzarsi e di tornare all’attacco.

Legione contro falange, chi vince?
Legione contro falange, chi vince?

legione contro falange, chi vince? intuizioni di Scipione:

Durante tutto il periodo repubblicano, Roma si confrontò con un’infinità di nemici, ma fu senza dubbio contro i cartaginesi di Annibale che questo processo egemonico segnò un passo decisivo, sia politico sia militare. A salvare la città dalle scorribande di Annibale fu Scipione, chiamato poi “Africano”, colui che modificherà sostanzialmente l’approccio tattico tradizionale, osservando da vicino le mosse del forte comandante punico, e attuandole in suo favore. Le innovazioni principali riguardarono una maggior qualità nell’addestramento delle truppe, e dei comandanti in capo, ma soprattutto una grande valorizzazione della cavalleria, poco sfruttata fino a quel momento, che da ora in avanti risulterà decisiva in moltissime circostanze. Scipione poi capì che aveva poco senso continuare nella vecchia suddivisione tradizionale dei reparti, così sfrutta i triarii anche in chiave offensiva, facendoli partecipare molto di più in battaglia, una mossa  risolutiva che tramuterà le seconde e le terze linee in unità indipendenti, capaci di interevenire in forze oppure anche singolarmente a seconda delle necessità. Dopo la minaccia di Cartagine, le legioni romane non incontreranno più avversari in grado di impensierirli militarmente e per i secoli a venire continueranno a far leva sulla ferrea disciplina che le distingueva e sulle macchine da guerra, tecnologicamente avanzatissime per l’epoca, pur subendo alcuni cambiamenti anche nei secoli imperiali.

legione contro falange, chi vince? un confronto è possibile?

Se un confronto sia possibile fra queste due macchine belliche impressionanti è una domanda sulla quale già si interrogavano gli storici dell’antichità, oggi possiamo dire che un paragone è praticamente fuori luogo, viste le tante evoluzioni che i due eserciti hanno subito nel corso della storia, per esigenze completamente diverse fra loro. La prima volta che legionari e falangiti si trovarono gli uni contro gli altri, fu in occasione delle guerre pirriche in Italia, e furono i romani a soccombere, pur infliggendo un gran numero di vittime al nemico, tanto da fargli perdere la guerra, ma in quel caso si trattava di una legione ancora priva dell’evoluzione scipionica e perciò ancora legata alle vecchie formazioni del passato. Viceversa, quasi un secolo più avanti, nelle battaglie delle Cinocefale (197 a.C.) e a Pidna (168 a.C.), le legioni prevalsero con facilità, ma anche qui va detto che i falangiti macedoni non erano ormai più quelli organizzati da Filippo o da Alessandro Magno, compiendo negli anni una profonda involuzione tattica, che precluse, con una maggiore profondità delle linee, quel poco di mobilità che avevano, trasformando la falange in un reparto statico e poco manovrabile, aggiungiamo poi che da tempo i comandanti macedoni facevano sempre meno affidamento sulla cavalleria, eliminando quella che per secoli si era dimostrata un’arma decisiva del loro esercito. La vera differenza, che probabilemente risulta vincente a favore della legione romana è la grande mobilità di quest’ultima, in grado di combattere su  ogni tipo di terreno, al contrario della falange macedone che impattava solo frontalmente e profondamente a disagio su terreni che non fossero completamente pianeggianti. Ci rimane solo da immaginare come sarebbe finita se a scontrarsi fossero state una legione romana nel pieno della sua potenza e i falangiti guidati da Alessandro Magno, o dal padre Filippo II.

Credits to:

http://www.instoria.it/home/legione_contro_falange.htm

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