Nerone

Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico, nato come Lucio Domizio Enobarbo (Anzio 15 dicembre 37 d.C., – Roma 9 giugno 68 d.C.), fu il quinto ed ultimo Imperatore appartenente alla dinastia Giulio-Claudia, e successe, nel 54 d.C., al padre adottivo Claudio rimanendo al potere per 14 anni, fino al suo suicidio all’età di 30 anni. Nerone fu uno degli Imperatori più controversi della storia di Roma, dividendo il suo principato tra innegabili meriti, in particolare nei primi anni, sotto la guida del celebre filosofo, Seneca, e delitti associati ad atteggiamenti a dir poco  dispotici.

Nerone con la madre Agrippina
Nerone con la madre Agrippina

Nerone, origini familiari:

Nato ad Anzio il 15 dicembre del 37 d.C., da Agrippina Minore e da Gneo Domizio Enobarbo, Nerone era discendente diretto della Gens Giulia, dato che il padre era pro-nipote di Augusto. Nel 39 d.C., la madre Agrippina, descritta dagli storici dell’epoca come una donna spietatamente assetata di potere, venne coinvolta nella cospirazione contro il fratello Caligola e per questo mandata in esilio presso l’isola di Pandataria, nel Mar Tirreno. In quegli anni il piccolo Lucio visse quindi con la zia Domizia Lepida che finì per amare più della sua stessa madre e dalla quale imparò l’amore per lo spettacolo e la danza. Nel 40 d.C., il padre, Gneo Domizio Enobarbo, morì, e i suoi beni confiscati dall’Imperatore Caligola. Nel 41 d.C., lo stesso Caligola venne assassinato, dando così la possibilità ad Agrippina di fare ritorno e di occuparsi del figlio su di cui puntava per ottenere la sua rivalsa. Il piccolo Nerone venne così affidato ai due liberti greci, Aniceto e Berillo, per poi proseguire la sua istruzione presso due grandi saggi di quell’epoca: Cheremone d’Alessandria e Alessandro di Ege, dai quali il giovane futuro Imperatore, sviluppò il proprio filoellenismo.

Nel 49 d.C., la madre Agrippina sposò l’Imperatore Claudio, di cui fra l’altro era anche la nipote, ottenendo la revoca dell’esilio del celebre filosofo, Seneca, che subito divenne il nuovo precettore del giovane Nerone. Inoltre, dato che il giovane figlio sembrava comunque preferire la zia Domizia Lepida, con la quale era cresciuto, Agrippina, per gelosia, la fece accusare di aver ordito contro l’Imperatore, ottenendone da Claudio la condanna a morte. L’undicenne Lucio venne in quell’occasione costretto dalla madre a testimoniare contro l’amata zia, e subito dopo gli venne imposto il fidanzamento con Ottavia, figlia di Claudio, che aveva appena otto anni. Nerone venne quindi adottato dall’Imperatore Claudio, ma nel 54 d.C., quest’ultimo morì, probabilmente a causa di un avvelenamento da funghi organizzato dalla stessa Agrippina. La stessa sorte toccò poco dopo anche al figlio di Claudio, Britannico, malato di epilessia e forse per questo escluso dal suo stesso padre dalla linea di successione. Nerone, quindi, a quasi 17 anni di età, divenne Imperatore sotto la tutela della madre e di Seneca, mentre l’abile politico, Sesto Afranio Burro, divenne prefetto del pretorio.

Nerone, il principato (54-68 d.C.):

Fin dai primi anni il principato di Nerone fu costellato da congiure e scandali, il primo di questi si ebbe con il suo primo matrimonio, considerato incestuoso, in quanto Claudia Ottavia era figlia del suo pro-zio, Claudio. Quando però Nerone si innamorò di Poppea, divorziò. Poppea, descritta da tutti come una donna dotata di una grandissima bellezza, prima del matrimonio con l’Imperatore, fu coinvolta in una grande storia d’amore con Marco Salvio Otone, anche lui futuro Imperatore, e gran compagno di feste dello stesso Nerone. Nel 59 d.C., Poppea fu sospettata di essere la vera mandante dell’assassinio della madre di Nerone, Agrippina, la quale venne condannata a morte, autorizzata da Nerone stesso, probabilmente per le sue infinite trame, alcune delle quali miravano addirittura all’eliminazione del suo stesso figlio per diventare co-imperatrice accanto ad un suo futuro marito. Questa condanna fu approvata dallo stesso Seneca e anche da Afranio Burro, che incaricò il liberto, Aniceto, per l’esecuzione. Alla scoperta della congiura nei suoi confronti, si racconterà che fu la stessa Agrippina ad afferrare il pugnale di Aniceto per darsi volontariamente la morte. Molto probabilmente per  Poppea fu determinante l’odio che nutriva per la sua futura suocera che pare tentò addirittura l’incesto con lo stesso figlio per garantire a se stessa una successione pur di estrometterla dal potere. Nerone fece quindi allontanare la madre da corte autorizzandone la condanna a morte, anche se in seguito manifestò grande rimorso per questa decisione. Nel 62 d.C., dopo aver ripudiato Claudia Ottavia, Nerone sposò Poppea. In quello stesso anno Afranio Burro morì in circostanze non chiare, mentre Seneca, dopo i primi dissapori con Nerone, si ritirò a vita privata, anche perchè il popolo lo accusava di essere il vero mandante dell’assassinio di Agrippina, amatissima dal popolo e dai pretoriani, in quanto figlia dell’indimenticato generale, Germanico. Nerone, tuttavia, continuava a nutrire una crescente insofferenza verso Seneca e non aspettava che un pretesto per eliminarlo. L’occasione venne col fallimento della congiura dei Pisoni nel 65 d.C.,contro la sua persona, della quale Seneca forse era solamente informato, ma di cui non si sa se sia stato partecipe. Ricevette quindi l’ordine da Nerone di togliersi la vita, o meglio gli venne fatto capire che se non lo avesse fatto, morendo “onorevolmente”, sarebbe stato giustiziato comunque poiché l’Imperatore gli contestava la partecipazione alla congiura. Non potendo e non volendo sottrarsi, Seneca optò per il suicidio.  La carica di prefetto del pretorio venne quindi affidata a Tigellino, un uomo senza scrupoli, già esiliato da Caligola, e nemmeno troppo pignolo nel nascondere i propri delitti.

Il rimorso dell'imperatore Nerone dopo l'assassinio di sua madre (1878) di John William Waterhouse
Il rimorso dell’imperatore Nerone dopo l’assassinio di sua madre (1878) di John William Waterhouse

Dopo la morte della prima figlia ancora in fasce, nel 66 d.C., Poppea, in attesa del secondo figlio di Nerone, morì nella sua villa di Oplontis, a causa di un incidente di gravidanza, e non per un calcio sferratole dall’Imperatore stesso come molti storici ci hanno tramandato. Altri sostengono invece che Poppea perse la vita anni più tardi durante l’eruzione del Vesuvio. Nel frattempo la propaganda contro l’Imperatore dilagava, Svetonio lo accusa dello stupro della vestale Rubria, e gli attribuisce anche relazioni omosessuali, mentre Cassio Dione si spinge oltre, affermando che Nerone contrasse due matrimoni con due uomini, il primo con il liberto Pitagora e il secondo con un altro liberto di nome Sporo.

Nerone, il grande incendio di Roma:

Nel 64 d.C., allo scoppio del disastroso incendio, Nerone si trovava nella sua villa di Anzio, ma non appena capita la gravità della situazione, si precipitò in città per adottare le prime contromisure. Per tale catastrofe, Nerone mise sotto accusa la comunità cristiana, evitando le prime chiacchiere che lo vedevano in qualche modo coinvolto. Tra i 200 e i 300 cristiani vennero condannati a morte tra cui San Pietro e San Paolo. Per quanto oramai gli studiosi siano abbastanza concordi nel ritenere che il grande incendio di Roma dell’anno 64 d.C. non fu causato da Nerone, che anzi si diede molto da fare per prestare soccorso alla popolazione colpita dalla tragedia e che in seguito si occupò personalmente della ricostruzione, la falsa immagine iconografica dell’imperatore che suona la lira dal punto più alto del Palatino mentre Roma bruciava è ancora assai radicata nell’immaginario collettivo. Recentemente, alcuni studi, attraverso una accurata ricostruzione storica dei drammatici avvenimenti che si svolsero a Roma negli anni 64 e 65 d.C., ha avanzato l’ipotesi che ad incendiare Roma non fosse stato Nerone ma, con ogni probabilità, un pugno di fanatici appartenenti alla frangia più estremista della comunità cristiana di Roma, con la complicità morale di alcuni ambienti dell’aristocrazia senatoria, in mezzo a cui si celavano i veri ispiratori di quella scellerata operazione. Oltre alla ricostruzione, Nerone si occupò di riscrivere nuove lungimiranti regole edilizie per evitare il ripetersi e il propagarsi di incendi, e tracciò un nuovo impianto urbanistico, sul quale è tuttora fondata la città. In seguito requisì una vasta area distrutta dall’incendio facendo costruire la faraonica Domus Aurea, la sua residenza personale, che finì per occupare il Palatino, le pendici dell’Esquilino e parte del Celio. 

Nerone, politica estera e opere:

Poco interessato alle campagne militari, Nerone se ne occupò lo stretto necessario non risultando particolarmente popolare fra i ranghi dell’esercito. Durante il suo principato il Re dei Parti, Vologese I, pose sul trono d’Armenia il proprio fratello, Tiridate, cosa che convinse Nerone ad avviare i preparativi in vista di una guerra imminente. Fu inviato in quei luoghi Domizio Corbulone con il compito di sedare le continue scaramucce che avvenivano contro gli sparuti gruppi di romani che la vivevano. Dopo la conquista di Artaxata nel 58 d.C. e della città di Tigranocerta nel 59 d.C., pose sul trono dei parti re Tigrane IV, nel 60 d.C.. Il nuovo re non era molto favorevole all’influenza dei romani ed il fratello Tiridate si sostituì al medesimo nel 63 d.C. (forse con l’aiuto di Corbulone). Si spense così l’ultimo focolaio di guerra e Nerone poté così fregiarsi del titolo di Imperator (Pacator) invitando a Roma il re Tiridate I. Durante il suo principato continuò anche la conquista della Britannia, con una pausa negli anni 60-61 d.C., dovuta alla rivolta della regina degli Iceni, Budicca, inoltre inviò il futuro Imperatore Vespasiano, con cui aveva avuto alcuni dissapori, e il figlio Tito, in Giudea dove si fomentavano le prime rivolte.

L’Imperatore Claudio fece costruire il porto di Ostia, ma fu Nerone che ne ultimò i lavori e che gli diede il nome di “Portus Augusti”. Venne poi costruito in suo onore un arco trionfale sulla via d’accesso al Campidoglio, per celebrare la vittoria sui Parti, ma questa opera venne probabilmente distrutta dopo l’applicazione della “Damnatio Memoriae” dopo la morte dell’Imperatore stesso. Della ricostruzione da lui patrocinata dopo il grande incendio abbiamo già parlato, è però interessante ricordare che venne emanato un nuovo piano regolatore, tramite la realizzazione di strade più larghe, affiancate da portici, senza pareti in comune tra gli edifici, di altezza limitata e con un uso quasi bandito di materiali infiammabili, sostituiti da pietra e mattoni. Inoltre, oltre alla costruzione della sontuosa Domus Aurea a Nerone si deve il taglio dell’Istmo di Corinto e lo scavo di un canale di 237 km che dal Lago Averno giungeva a Roma, in particolare, quest’ultima opera assorbì un’enorme quantità di uomini e denaro e non fu mai completata per l’enormità dei problemi tecnici e logistici. Furono poi molto importanti le riforme che Nerone attuò in favore del popolo, in particolare le numerose elargizioni di denaro, sottratto dalla costruzione di altre opere,  e la grande distribuzione di generi alimentari.

La cosiddetta tomba di Nerone sulla Cassia
La cosiddetta tomba di Nerone sulla Cassia

Nerone, la caduta:

Nel frattempo, il governatore della Gallia Lugdunense, Giulio Vindice, si ribellò, e questo spinse Nerone ad una nuova ondata repressiva. Ordinò il suicidiò al governatore della Spagna, Galba, ma questi, deciso a non ubbidire, col sostegno del suo esercito, dichiarò fedeltà al Senato non riconoscendo più l’autorità dell’Imperatore. Si ribellarono poi anche le legioni stanziate in Africa, bloccando così le forniture di grano alla capitale, e di conseguenza anche la guardia pretoriana che aveva ricevuto promesse di denaro da Galba. Il Senato depose ufficialmente Nerone, che rimasto ormai solo decise di fuggire e di togliersi la vita il 9 giugno del 68 d.C.. Il Senato decretò per lui la “Damnatio Memoriae” permettendo però le esequie private.

Con la morte di Nerone si aprì per Roma un difficilissimo anno di guerra e violenza nel quale ben quattro imperatori finirono per alternarsi, prima Galba, poi Otone e Vitellio persero la vita  prima che Vespasiano, di ritorno dalla Giudea mise ordine governando con grande equità.

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