L’incursione di Annibale verso Roma

Avvenuta nel 211 a.C., l’incursione di Annibale verso Roma si contestualizza nell’ambito della seconda guerra punica, quando il condottiero cartaginese decise di puntare con i suoi uomini in direzione della Capitale, destando grande preoccupazione fra i romani. L’incursione punica si concluse comunque con un nulla di fatto, i romani, infatti, dopo un primo attimo di smarrimento reagirono, costringendo Annibale a ripiegare verso sud per rafforzare le proprie posizioni.

L'incursione di Annibale verso Roma
L’incursione di Annibale verso Roma

L’incursione di Annibale verso Roma: contesto storico:

Dopo la schiacciante vittoria di Canne del 216 a.C., Annibale raggiunse importanti rislutati strategici, alcune importanti città abbandonarono l’alleanza con Roma per schierarsi al fianco del generale punico. Tali diserzioni permisero ad Annibale di dividere il suo esercito in due parti, affidando il comando del secondo contingente al fratello, Magone, per inviarlo nel Bruzio, mentre tenne per se l’onere di dirigersi in Campania per ottenere la defezione di Capua, il più importante centro abitato d’Italia, dopo Roma. Nell’inverno del 212-211 a.C., Annibale fece ritorno a Capua con l’intenzione di eliminare le ultime resistenze romane che già assediavano la città per riportarla dalla propria parte. Dopo diversi tentativi che cercavano di portare alla scoperta i romani, con l’intenzione di provocarli a battaglia in campo aperto, Annibale, infastidito dalla mancanza di risultati e dal non riuscire ad entrare in una città che comunque era diventata sua alleata,  era oltretutto preoccupato che durante il suo assedio, nuovi consoli inviati da Roma potessero prenderlo in trappola e tagliargli ogni rifornimento. Il generale cartaginese decise di cambiare tattica.

Annibale decise così di allontanrsi da Capua per marciare direttamente su Roma,”Vero centro della guerra”, secondo lui. Il generale punico era sicuro che una tale mossa avrebbe gettato nel panico la città, inducendo anche la difesa romana di Capua ad abbandonarla per difendere la patria in pericolo, a quel punto gli eserciti di Roma, separatamente, sarebbero stati facilmente battuti. La marcia di Annibale mirava più che altro a liberare Capua dai romani che ad una volontà vera e propria di assediare Roma.

L’incursione di Annibale verso Roma, marcia di Annibale:

Il condottiero punico si diresse verso Roma dalla via Latina, e dopo aver varcato il fiume Volturno, pose il campo nei pressi dello stesso, mentre il giorno successivo arrivò nel territorio dei Sidicini, una popolazione vicina ai Sanniti, nei pressi dell’odierna Teano. In  questo luogo sostò appena una giornata, quello che fu sufficente per saccheggiare i territori circostanti e fare provviste per il proprio esercito. Annibale condusse poi i suoi uomini attraverso i centri di Suessa Aurunca (odierna Sessa Aurunca), Allifae (odierna Alife), e Casinum (odierna Cassino). Nei pressi di Cassino pose il campo per un paio di giorni, che anche in questo caso, utilizzò per saccheggiare i territori circostanti. I punici proseguirono il loro itinerario attraversando Interamna Lirenas (odierna Pignataro Interamna), e Aquinum (odierna Aquino), prima di giungere a Fregellae (in provincia di Frosinone, presumibilmente nei dintorni dell’odierna Ceprano). Qui gli abitanti rallentarono non poco la marcia di Annibale tagliando un ponte che costrinse i punici a fermarsi in modo non previsto. Qui Annibale saccheggiò violentemente le campagne circostanti per vendicarsi del torto subito, poi prontamente passò nel territorio di Frusinum (Frosinone),  e Anagnia (Anagni). Successivamente varcò il Monte Algido fino a Tusculum, ma l’ostilità che incontrò lo costrinse a deviare verso Gabii, ponendo il campo ad appena otto miglia da Roma. In questo luogo insieme alla cavalleria numida compì numerose devastazioni uccidendo e facendo molti prigionieri.

L'incursione di Annibale verso Roma
L’incursione di Annibale verso Roma

L’incursione di Annibale verso Roma, reazione dei romani:

Il console Fulvio Flacco, appreso da alcuni disertori il piano che Annibale aveva intenzione di attuare, non perse tempo e scrisse una lettera al Senato. I senatori rimasero impressionati da quelle notizie, e mentre alcuni suggerirono di richiamare ogni generale a difesa di Roma, compresi quelli di Capua, altri, come Quinto Fabio Massimo (detto il verrucoso, che in seguito tanto filo da torcere diede ad Annibale), suggerì che Roma non poteva prendere le sue decisioni in preda alla paura che essa aveva nei confronti del condottiero punico, ritenendo vergognoso abbandonare definitivamente Capua. Fra i Senatori prevalse la decisione di Valerio Flacco, che di fatto era anche la più equilibrata. Egli suggerì di scrivere ai generali di Capua, che erano gli unici in grado di fare una effettiva stima di quanti uomini marciassero sulla capitale, e in base a queste notizie si sarebbe deciso quale esercito, ma soprattutto, di quanti uomini doveva essere composto, doveva fronteggiare la minaccia. Fulvio Flacco fu designato alla guida di 15.000 soldati di marciare da Capua su Roma, in quanto l’altro generale Appio Pulcro, era rimasto ferito. Egli quindi passò il fiume Volturno mandando messi nelle città alleate di Roma lungo il percorso, affinchè predisponessero i vettovagliamenti necessari. Nel frattempo un messaggero giunto da Fregellae, sparse a Roma la notizia che Annibale era alle porte, suscitando un notevole panico fra la popolazione, convinta quindi che legioni di Capua fossero state completamente annientate, mai nessun generale nemico si era avvicinato così tanto alla città. Gli uomini iniziarono quindi a prendere posizione lungo le mura, mentre le donne si aggiravano nei templi e in altri luoghi sacri implorando gli dei, vennero inoltre posti dei presidi armati intorno alla città e sul Campidoglio. Una speranza in più giunse quando poi si seppe che Fulvio Flacco alla guida di 15.000 soldati si stava dirigendo a marce forzate su Roma per difenderla. La marcia del generale romano fu piuttosto agevole se si eccettua l’attraversamento del fiume Volturno, in quanto Annibale dopo il suo passaggio aveva bruciato ogni tipo di imbarcazione, costringendo quindi il generale romano a reperire altro legname per costruire alcune zattere. Fulvio Flacco entrò a Roma da Porta Capena, attraversò la città e ne uscì, ponendo il campo fra Porta Esqulina e Porta Collina.

L’incursione di Annibale verso Roma, lo scontro armato:

Annibale spostò ulteriormente il proprio campo a sole tre miglia dalla città, e alla guida di circa 2.000 cavalieri giunse nei pressi di Porta Collina per osservare da vicino Roma e le sue opere difensive. Per tutta risposta  Fulvio Flacco spedì contro il nemico uno squadrone di cavalleria per ricacciarli all’interno del proprio campo. Fu a quel punto che i Consoli ordinarono ad uno squadrone di 550 disertori numidi  di scendere dall’Aventino per gettarsi nella battaglia, non fu una buona mossa in quanto la popolazione vedendo lo squadrone di numidi in città iniziò a credere che i cartaginesi fossero già penetrati entro le mura. Lo scontro fra le cavallerie finì in favore dei Romani, ma tutto il giorno seguente ogni sforzò venne impiegato per sedare i tumulti e le scene di panico che si erano verificati senza una vera ragione. Quando successivamente Annibale si decise ad assalire le mura, un evento ne frenò l’ardore, proprio in quel giorno i due Consoli in carica: Gneo Fulvio Centumalo Massimo e Publio Sulpicio Galba, stavano completando il reclutamento di  una nuova legione, invitando altri possibili soldati a presentarsi per reclutarne una seconda. Questo evento raccolse nella capitale una grande quantità di uomini, cosa che convinse, coraggiosamente, i due Consoli a schierarli in armi al di fuori delle mura. Questo gran numero di soldati frenò l’animo dei Cartaginesi, convinti di dover affrontare molti meno uomini. Annibale quindi cambiò piano e prese a razziare e incendiare tutte le campagne procurando ai suoi uomini un grande bottino. Tito Livio ci racconta che nel giorno seguente lo scontro fra le cavallerie, l’esercito punico e quello di Fulvio Flacco si trovarono uno di fronte all’altro pronti al combattimento, ma un violentissimo temporale costrinse gli uomini a tornare all’interno dei propri campi, e la stessa cosa avvenne anche il giorno seguente. Fu così che Annibale, scosso da quegli eventi e informato che un esercito di Roma era in viaggio dalla Spagna per dare man forte alla città, ritirò il suo campo alcune miglia più lontano. In seguito, visto che i romani avevano ripreso morale, decise di ritornare verso Capua confidando che la sua tattica avesse avuto successo. Secondo quando ci tramanda Polibio, il console Publio Sulpicio Galba, tagliò ogni ponte che varcava l’Aniene, costringendo Annibale a guadare il fiume, scegliendo poi di attaccarlo in quello stesso momento, i caduti punici furono circa 300 ma non fu un colpo decisivo in quanto la cavalleria numida risultava veloce su ogni terreno. Alla vista del nemico in direzione di Capua, il console romano, convinto di aver messo in fuga i Cartaginesi, continuò l’inseguimento mantendosi a distanza di sicurezza.

L’incursione di Annibale verso Roma, conseguenze:

Di ritorno a Capua, Annibale vide con suo grande disappunto che un altro generale romano, Appio Claudio, manteneva la stretta su Capua, il che convinse Annibale ad attendere l’esercito di Publio Sulpicio Galba che ancora lo inseguiva, lo scontro che ne seguì fu cruento e favorevole ai punici, molti soldati romani persero la vita in quel frangente, costringendo i superstiti a rifugiarsi su di un colle molto ben difeso, il che fece desistere i cartaginesi dall’assediarlo. L’esercito cartaginese di conseguenza ripiegò ancora di più verso sud, verso Sulmona, la Daunia, fino ad arrivare a Reggio Calabria.

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