Morte e successione di Ottaviano Augusto

A riguardo la morte e la successione di Ottaviano Augusto, Svetonio scrive:

«Ma il destino non gli permise di essere soddisfatto, fiducioso e di avere una progenie e una casa ben disciplinata. Le due Giulie, la figlia e la nipote, colpevoli di ogni atto empio, le esiliò; nello spazio di diciotto mesi perse Gaio e Lucio, il primo in Licia, il secondo a Marsiglia. Adottò allora, nel Foro con la legge curiata, il terzo nipote Agrippa  e il figliastro Tiberio; ben presto, a causa della natura infame e feroce di Agrippa, lo rinnegò e lo esiliò a Sorrento.»

Morte e successione di Ottaviano Augusto
Morte e successione di Ottaviano Augusto
 

MORTE E SUCCESSIONE DI OTTAVIANO AUGUSTO, IL PROBLEMA DELLA SUCCESSIONE:

Il problema della successione che al termine di tutto toccò a Tiberio, fu una delle più grosse preoccupazioni della seconda parte della vita di Augusto. Ottaviano che in gioventù ebbe in moglie, dopo essersi riconciliato  con lui, Clodia Pulcra, figliastra di Marco Antonio, finì poi per innamorarsi perdutamente di Livia Drusilla, appartenente ad una delle più nobili famiglie romane, ma già consorte di Tiberio Claudio Nerone, e padre del futuro imperatore. Nel 40 a.C., Ottaviano dopo la vittoria ottenuta a Perugia nei confronti del fratello di Marco Antonio, Lucio, riuscì con vari espedienti a far divorziare da Tiberio, l’amata Livia, per sposarla l’anno successivo, mentre questa era già in attesa del secondogenito, Druso, andando così ad allargare la famiglia che già comprendeva il primogenito Tiberio e Giulia, figlia che Ottaviano ebbe da Scribonia, moglie che ebbe dopo aver ripudiato Clodia Pulcra. Svetonio ci racconta che benchè Ottaviano lo desiderasse moltissimo, non riuscì mai ad avere figli con Livia. Per qualche anno Augusto aveva sperato sinceramente di aver individuato in Marco Claudio Marcello, suo nipote favorito, il successore ideale, capace di tenere le redini del nascente impero,  la sua fiducia era talmente alta in lui che concesse a Marcello di sposare sua figlia Giulia nel 25 a.C.. Questa decisione provocò però le critiche dell’amico Agrippa che ad Ottaviano non piacquero affatto provocandone il momentaneo allontanamento da Roma. Sfortunatamente nel 23 a.C., Marco Claudio Marcello cadde vittima di una malattia e morì prematuramente, vanificando così anche il decreto del Senato che ne aveva accelerato il cursus honorum così da poter scavalcare lo stesso Tiberio nella linea di successione. Superando le divergenze con Agrippa, Ottaviano lo richiamò a Roma, lo fece divorziare dalla moglie Claudia Marcella, per concedergli la mano di sua figlia Giulia, vedova di Marco Claudio Marcello. Con questo gesto il fidato amico Agrippa prese il posto del defunto nipote nell’ideale linea di successione di Augusto, facendo così parte, a tutti gli effetti, della famiglia Giulia. Dal matrimonio fra Agrippa e Giulia, nacquero due figli: Gaio nel 20 a.C. e Lucio nel 17 a.C., entrambi  subito adottati da Augusto. Nel frattempo però andavano a distinguersi per le loro capacità, i due figli di Livia: Tiberio e Druso, in particolare quest’ultimo era molto amato da Augusto, tanto da nominarlo co-erede insieme ai suoi figli in numerose occasioni. Con la morte di Agrippa nel 12 a.C., e di Druso nel 9 a.C., le cose presero una nuova piega, da quel momento il problema della successione sarebbe ricaduto sui figli di Giulia, Gaio e Lucio, e se nel frattempo lo stesso Augusto avesse per qualche motivo perso la vita, a Tiberio sarebbe toccato detenere il potere fino a quando i due non fossero cresciuti. Rimasta ancora una volta vedova, Giulia venne data in moglie a Tiberio, dopo che quest’ultimo venne costretto a divorziare da Vipsania, ma a differenza del precedente, questo matrimonio non riuscì, costituendo una delle cause principali dell’infelicità di Tiberio e che lo portò ad auto esiliarsi sull’isola di Rodi. Dopo questo gesto fu ancora più chiaro ad Ottaviano che Gaio e Lucio fossero i suoi prescelti per la successione, ma ancora una volta il destino scompaginò gli eventi. Per la sua discutibile condotta morale, la figlia Giulia venne allontanata da Roma nel 2 a.C., nello stesso anno, Lucio perdeva la vita a Marsiglia, mentre Gaio, a causa di una ferita mai guarita passò a miglior vita nel 4 d.C. Nel 14 d.C.,  alla morte di Augusto non restava che Tiberio, che suo malgrado divenne formalmente il primo imperatore della storia di Roma.

MORTE E TESTAMENTO:

Svetonio ci racconta che poco tempo prima della morte e successione di Ottaviano  Augusto, si manifestarono diversi eventi che ne preannunciavano la sua fine e la sua conseguente divinizzazione. Si racconta per esempio che durante la cerimonia della “lustratio”, che avveniva nel Campo Marzio, un’aquila gli volò attorno diverse volte, andandosi poi a fermare sul vicino Pantheon, appollaiandosi sulla prima lettera A del nome di Agrippa, accortosi di ciò Augusto chiese a Tiberio di procedere con la cerimonia poichè sentiva la fine prossima, e non voleva continuare a promettere cose che il tempo non gli avrebbe concesso di mantenere. Sempre nello stesso periodo, durante un forte temporale, un fulmine colpì, facendola cadere, la lettera C di “Caesar”, posta al di sotto di una sua statua. Gli venne predetto che sarebbe vissuto solo cento giorni da quell’episodio, e che sarebbe in seguito stato divinizzato, in quanto la parola rimasta orfana della lettera C, “AESAR” in etrusco significava Dio. Augusto quindi predispose che Tiberio partisse per l’Illiria, volendolo però accompagnare almeno per la prima prima del tragitto fino a Benevento, i due costeggiarono i più bei luoghi della costa campana, fermandosi anche 4 giorni a Capri, in quest’occasione Augusto, sentendo che non gli restava molto da vivere, si concesse ogni lusso e ogni divertimento, in seguito poi si diresse a Napoli per assistere un concorso di ginnastica, istituito in suo onore. Lasciato poi Tiberio a Benevento nel luogo convenuto, Ottaviano Augusto prese la via del ritorno, ma rimase vittima di una forte dissenteria che lo costrinse a fermarsi a Nola, qui richiamò subito Tiberio chiedendogli di interrompere il suo viaggio e di raggiungerlo al più presto. Tiberio eseguì quanto gli era stato richiesto e si intrattenne con Augusto con il quale ebbe un colloquio privato.

L’ultimo giorno della sua vita, Augusto chiese uno specchio, si fece sistemare i capelli e si ricompose, dopo di che chiamò a se la moglie Livia e alcuni dei suoi amici più cari, per chiedere loro se avesse ben recitato la commedia della vita, aggiungendo la tradizionale frase:

«Se la commedia è stata di vostro gradimento, applaudite e tutti insieme manifestate la vostra gioia.»

E poi rivolgendosi alla moglie Livia:

«Livia, nostri coniugii memor vive, ac vale!»          «Livia, vivi nel ricordo del nostro matrimonio, e addio!»

 

Morte e successione di Ottaviano Augusto, il Mausoleo come si presenta oggi
Morte e successione di Ottaviano Augusto, il Mausoleo come si presenta oggi

Ottaviano Augusto morì alla veneranda età, per l’epoca, di quasi 77 anni, la sua morte avvenne in modo naturale e non traumatica come aveva sempre desiderato, fu sempre lucido di mente fino alla fine, tranne in un attimo di delirio quando sostenne di essere stato trascinato per la stanza da 40 giovani. A conti fatti si trattò quasi di un presagio, giacchè a trasportare la sua salma nel foro furono 40 soldati della guardia pretoriana. Ottaviano ebbe ben due orazioni funebri, la prima pronunciata da Tiberio davanti al tempio del Divo Giulio, mentre la seconda dal figlio di Tiberio, Druso dall’alto dei rostri antichi. Subito dopo i senatori portarono a spalla il suo corpo fino al Campo Marzio dove venne allestita la pira funebre, al termine della quale i membri di più alto rango dell’ordine equestre, trasportarono i resti all’interno del Mausoleo fatto costruire dallo stesso Augusto fra la via Flaminia e la riva del Tevere. In seguito le ceneri dei successori della dinastia Giulio-Claudia, vennero deposte nello stesso luogo, tranne per la figlia Giulia e per la nipote, anche lei di nome Giulia, per ordine dello stesso Augusto e messo per iscritto nel testamento da lui stesso redatto e consegnato alle Vestali. Il testamento venne aperto in Senato, scoprendo che Ottaviano lo aveva scritto quasi un anno e mezzo prima della sua morte, egli aveva designato come eredi: di primo grado, Tiberio, per la metà più un sesto, la moglie Livia per un terzo, e l’obbligo di portare il suo nome; di secondo grado, Druso minore, figlio di Tiberio, per un terzo, Germanico e i suoi tre figli maschi per le parti restanti; di terzo grado, alcuni parenti e numerosi amici. Alla sua morte Augusto lasciò anche un dettagliato resoconto sulle opere da lui compiute nella sua lunga vita, il “Res gestae Divi Augusti”. L’opera incisa anche sulle pareti del tempio dedicato a Roma e Augusto ad Ancyra (odierna Ankara in Turchia), riportava tutti gli onori che gli erano stati conferiti per merito dei servizi da lui resi, le elargizioni di denaro al popolo e ai soldati, i giochi e le rappresentazioni organizzati a sue spese, infine gli atti da lui compiuti sia in tempo di pace che in tempo guerra. L’opera non menziona mai nessun nemico e neppure quello di qualche membro della sua famiglia, eccezion fatta per il suo successore Tiberio e per quelli in cui lui sperava di più come Agrippa, Gaio e Lucio.

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