Politica Orientale di Ottaviano Augusto

In seguito alla conquista dell’Egitto, avvenuta dopo lo scontro navale di Azio fra Marco Antonio e Cleopatra e Ottaviano Augusto, la politica orientale augustea rappresenta il quadro politico strategico dei confini orientali che si venne a creare durante il principato di quest’ultimo.

Politica Orientale di Ottaviano Augusto, contesto storico:

Negli anni precedenti le campagne partiche promosse da Marco Antonio, furono del tutto fallimentari, non solo, infatti, non venne vendicata l’onta della tremenda disfatta di Carre del 53 a.C., dove il Triumviro Marco Licinio Crasso perse la vita, con la riconquista dell’aquila e dei vessilli perduti, ma come se non bastasse le armate romane furono nuovamente sconfitte in territorio nemico in più riprese, e ad aggravare la situazione, l’ Armenia dopo pochissimo tempo si era già svincolata dall’autorità romana.

In contrapposizione con la sua indole, solo apparentemente pacifica, Ottaviano Augusto si trovò nella condizione di dover superare molti ostacoli per garantire una certa stabilità al nascente Impero. Il suo principato infatti fu il più travagliato da guerre di quanto non lo siano stati quelli della maggior parte dei suoi successori, solo nei decenni seguenti, solo Traiano e Marco Aurelio si trovarono a combattere su più fronti. Queste campagne militari furono promosse da Augusto per consolidare le territorialmente non omogenee conquiste dell’età repubblicana, le numerose annessioni di nuove terre rese così necessaria una riorganizzazione dei confini il che permise una accresciuta stabilità interna e una maggiore efficenza nel difenderli.

Politica Orientale di Ottaviano Augusto:

La riorganizzazione politica orientale di Augusto si differenziò a seconda delle zone geografiche e degli interessi romani: ad Ovest del fiume Eufrate infatti Augusto provò a sistemare quelle zone sia inglobando alcuni stati vassalli  trasformandoli in province romane, come la Galazia del Re Aminta nel 25 a.C., o come la Giudea di Erode nel 6 d.C.. Allo stesso modo tentò di rafforzare vecchie amicizie con alcuni Re del posto divenuti “clienti” di Roma, come ad esempio Archelao, Re di Cappadocia e Polemone I, Re del Ponto. Diverse invece erano le misure che Ottaviano Augusto intendeva mettere in campo per le zone ad est del fiume Eufrate. In Partia e in Armenia, Augusto non volle impegnarsi in dispendiose e rischiose campagne militari ma bensì puntò ad una maggiore ingerenza politica, il primo Imperatore di Roma riteneva giusto tentare per prima cosa la via diplomatica per risolvere la crisi con i Parti, favorendo, più che uno scontro, una coesistenza fra i due imperi. I suoi sforzi furono premiati  con la restituzione nel 20 a.C., da parte del re dei Parti, Fraate IV delle insegne perdute da Crasso nella sconfitta di Carre del 53 a.C.. Il punto cruciale da risolvere era però il Regno di Armenia. A causa della sua posizione geografica, l’Armenia era da almeno 50 anni  oggetto di contesa fra Roma e la Partia, Ottaviano Augusto puntò così a farne uno stato cuscinetto con a capo un Re, gradito a Roma, e se necessario imposto con le armi.

Politica Orientale di Ottaviano Augusto, Sulla corazza è rappresentata la scena della consegna delle insegne legionarie di Marco Licinio Crasso da parte del re dei Parti, Fraate IV
Politica Orientale di Ottaviano Augusto, Sulla corazza è rappresentata la scena della consegna delle insegne legionarie di Marco Licinio Crasso da parte del re dei Parti, Fraate IV

Politica Orientale di Ottaviano Augusto: prima crisi partica:

Poco dopo l’arrivo in Oriente di Marco Vipsanio Agrippa, nel 23 a.C., in qualità di vice reggente di Augusto, a Roma giunsero ambasciatori dei Parti chiedendo la restituzione del loro ex sovrano Tiridate II e del giovane figlio del loro nuovo Re, Fraate. Ottaviano Augusto rifiutandosi di consegnare il primo, che poteva ancora essere un’ottima arma diplomatica nelle sue mani, concesse però il ritorno in patria del secondo, a condizione che le insegne di  Crasso ed i prigionieri di guerra della disfatta di Carre fossero restituiti allo Stato romano. Nel mentre si svolgevano questi fatti, in Armenia aumentavano le diatribe e le divisioni fra i nobili locali, il partito filo-romano aveva infatti indicato ad Augusto il nome di Tigrane III, che viveva  a Roma, come successore al trono di Artaxias II di cui chiedevano la deposizione. Nel 21 a.C., Ottaviano Augusto affidò ad un giovanissimo Tiberio, poi futuro imperatore di Roma, di guidare un forte esercito dai Balcani fino in Oriente con il compito di mettere sul trono d’Armenia Tigrane III e di recuperare le insegne Imperiali dai Parti come da accordi presi. Lo stesso Augusto decise di recarsi in Oriente. Il suo arrivo e l’avvicinarsi dell’esercito di Tiberio produssero l’effetto desiderato sul re dei Parti. Di fronte al pericolo di un’invasione romana che avrebbe potuto costargli il trono, Re Fraate IV, sempre riluttante,  decise infine di cedere e, pur rischiando di scontentare il suo stesso popolo, restituì le insegne ed i prigionieri romani che ancora erano in vita. Augusto fu proclamato per la nona volta imperator. La restituzione delle insegne e dei prigionieri fu senza dubbio un successo diplomatico paragonabile alle migliori vittorie ottenute in battaglia. Di conseguenza i buoni rapporti che si stavano instaurando fra Roma e i Parti favorirono i nobili armeni che simpatizzavano per i romani, il che permise all’esercito guidato da Tiberio di entrare nel loro paese senza incontrare nessuna resistenza. Tiberio in presenza delle sue legioni, e subito dopo che il precedente Re Artaxias II venne assassinato dai suoi stessi cortigiani,  incoronò solennemente Tigrane III come sovrano d’Armenia permettendo poi ad Augusto di poter annunciare la conquista della stessa senza per altro realmente annetterla. 

Politica Orientale di Ottaviano Augusto, riassetto dei confini
Politica Orientale di Ottaviano Augusto, riassetto dei confini

Politica Orientale di Ottaviano Augusto: seconda crisi partica:

Nel 1 a.C., il Re filo-romano d’Armenia, Artavaside III venne eliminato dall’intervento dell’altro pretendente al trono, Tigrane IV, appoggiato apertamente dai Parti. Questo era un significativo smacco al prestigio romano. Ottaviano Augusto però in questa occasione non poteva più contare sul fidato amico Agrippa, deceduto circa dieci anni prima, ne tanto meno su Tiberio recatosi in esilio volontario sull’isola di Rodi. Anche l’età era per Augusto un ostacolo che non gli permetteva più di affrontare lunghi viaggi in Oriente, decise così di affidare la questione al suo giovane nipote Gaio Cesare a cui affidò poteri proconsolari, affiancato dal generale Marco Lollio che già negli anni precedenti vantava grande esperienza di quei luoghi quando fu chiamato a riorganizzare la provincia della Galazia. Il consolato del giovane Gaio Cesare iniziò al suo arrivo in Siria, più o meno agli inizi dell’1 d.C., e quando il Re dei Parti, Fraate IV venne a conoscenza di questa missione romana, ritenne più conveniente la diplomazia piuttosto che innescare una nuova guerra. Il Re dei parti chiese così il rilascio di quattro dei suoi fratellastri che vivevano a Roma e che potenzialmente potevano rappresentare per lui un pericolo al trono. Roma respinse la richiesta intimando a Fraate IV di terminare le sue ingerenze in Armenia. Anche il Re dei Parti respinse la richiesta romana, continuando a spalleggiare il nuovo sovrano Tigrane IV. A spostare l’ago della bilancia fu però lo stesso Tigrane IV che mandò a Roma  alcuni ambasciatori con doni, riconoscendo ad Augusto la potestà sul suo regno, e chiedendogli di lasciarlo sul trono. Ottaviano, ne fu molto soddisfatto ed accettò i doni ma rimandò la questione del trono allo stesso sovrano armeno chiedendogli di recarsi in Siria da Gaio Cesare per trattare direttamente con lui la questione. Il cambio di atteggiamento di Tigrane IV fece tornare sui suoi passi Fraate IV  costringendolo a venire a patti con Roma. Rinunciò alle sue pretese di veder tornare i suoi fratellastri, e si dichiarò pronto a porre fine ad ogni interferenza in Armenia. Quello stesso anno veniva sancito un patto fra Roma, rappresentata da Gaio Cesare e il Regno dei Parti nel quale si stabiliva che il fiume Eufrate tracciava il naturale confine fra i due imperi, e che Roma e la Partia si riconoscevano in stati indipendenti con la propria sovranità.

Prima di separarsi,Fraate IV informò Gaio Cesare degli abusi di potere che era solito perpetrare il suo vice Marco Lollio, che a suo dire, accettava lauti compensi da potenti Re orientali. Le indagini che il giovane console intraprese scoprirono che quanto affermato dal Re dei Parti corrispondeva alla realtà. Marco Lollio venne così allontanato, e pochi giorni dopo, ritrovato cadavere probabilmente in seguito a suicidio, e al suo posto venne nominato Publio Sulpicio Quirinio, noto per le sue qualità sia in campo militare che in campo diplomatico. Nel frattempo però, in Armenia scoppiarono dei tumulti, probabilmente fomentati da fazioni anti-romane, che sfociarono nell’uccisione di Tigrane IV. Ottaviano Augusto pose così sul trono un altro sovrano legato a Roma: Ariobarzane, già Re della Media nel 20 a.C.. La fazione anti-romana si rifiutò di riconoscere anche il nuovo sovrano e i disordini si estesero a tutto il paese. Questa rivolta costrinse Gaio Cesare ad intervenire, questa volta militarmente. Prima dell’assedio della fortezza di Artagira, pare che il generale che ne guidava le difese chiamò a colloquio il giovane console per potergli rivelare importanti informazioni sui Parti, sfortunatamente per il giovane Gaio Cesare si trattava di un tranello che si rivelò in un attentato alla sua vita. Gaio Cesare si salvò miracolosamente rimanendo però gravemente ferito. La fortezza in seguito fu espugnata e la rivolta in Armenia del tutto sedata, ma Gaio Cesare da quella ferita non si riprese più  e appena due anni più tardi, nel 4 d.C., morì. Questo fu il tragico epilogo di anni di trattative, che portarono ad un nuovo modus vivendi tra la Partia e Roma, e dove quest’ultima stabiliva la sua supremazia sull’importante stato armeno.

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