Ritorno a Teutoburgo

L’esercito romano fece ritorno a Teutoburgo durante le campagne militari dal 14 al 16 d.C.,  condotte dal grande generale  Germanico, nel corso della quale i romani e le tribù germaniche guidate ancora una volta da Arminio, si scontrarono nuovamente.

Ritorno a Teutoburgo, busto di Germanico.
Ritorno a Teutoburgo, busto di Germanico.

Ritorno a Teutoburgo, contesto storico:

Dopo la disfatta di Teutoburgo, dove le legioni di Publio Quintilio Varo, vennero completamente sopraffatte dalle tribù germaniche guidate da Arminio, Ottaviano Augusto ridimensionò i piani espansionistici in quella regione, evitando comunque di smantellare l’apparato militare sviluppato negli anni, mantenendo alcuni forti nella zona. Le campagne militari del 10 e dell’11 d.C., guidate dal futuro imperatore Tiberio, a cui lo stesso Germanico, per volere di Augusto, prese parte, vennero attuate proprio per impedire possibili sconfinamenti germanici in territorio romano. Una volta succeduto ad Augusto, Tiberio continuò la politica perpetrata dal primo Imperatore di Roma, preferendo quindi non disperdere uomini e denaro nell’affannoso tentativo di romanizzare una regione ancora troppo ostile ad un così repentino cambiamento, tendendo quindi ad usare più la diplomazia che le armi, sperando inoltre che le annose diatribe fra le varie tribù facessero il resto. Nel frattempo però, Germanico, inviato in Gallia, ufficialmente per un censimento, forse nel tentativo di emulare suo padre Druso, scompaginò i piani dell’Impertatore, e dotato comunque di una certa libertà di azione, riprese le ostilità, invadendo nuovamente le regioni germaniche.

Ritorno a Teutoburgo, le campagne militari dal 14 al 16 d.C.:

Subito dopo la morte di Augusto, le legioni di stanza in Germania si ribellarono dopo molti anni di dura vita di frontiera in territori ostili, chiedendo una riduzione della ferma militare ed un aumento della paga. La rivolta ebbe inizio tra le legioni della Germania inferiore, guidate da Aulo Cecina Severo, sotto l’alto comando dello stesso Germanico, il quale una volta appresa la notizia del sollevamento, raggiunse in poco tempo le truppe dalla Gallia, dove si trovava per un censimento patrimoniale di quella regione, placando l’ira dei soldati e concendendo loro alcuni vantaggi che li riportarono all’ordine. Le truppe di Cecina tornarono quindi ai loro quartieri generali, mentre Germanico si recava presso le legioni della Germania superiore ottenendo da loro il giuramento di fedeltà.   Il tentativo di rivolta era però giunta con un’ambasceria presso il senato, così i soldati, presi dal rimorso e dalla paura che i vantaggi concessi loro da Germanico, svanissero, presero a punire i fomentatori della sollevazione. Il generale romano così, in modo da placare gli animi, coinvolse tutte le legioni della Germania in un’operazione militare congiunta, pur non avendone l’autorizzazione ufficiale dall’imperatore. Germanico quindi decise di gettare un ponte sul fiume Reno e di invadere nuovamente quelle regioni. Per prima cosa le legioni sfruttarono come quartier generale un precedente forte di età augustea abbandonato, per poi penetrare in quei territori boscosi facendosi precedere dal luogotenente, Cecina e dalle truppe leggere, in modo da facilitarsi il passaggio. Si giunse quindi nei territori dei Marsi dove questi ultimi si trovavano ancora ebbri dai banchetti della sera precedente, Germanico dispose i suoi uomini in modo da allargare il più possibile il fronte della devastazione, attuando un sistematico massacro durante il quale ne età ne sesso  concedevano pietà, tutto fu messo a ferro e a fuoco. Tale incursione sollevò di rabbia le tribù vicine che immediatamente andarono ad occupare le gole boscose entro le quali i romani avrebbero forzatamente dovuto ripassare per fare ritorno ai loro quartieri. Germanico che si aspettava l’imboscata fece procedere i suoi soldati all’interno delle foreste in assetto da combattimento, e quando le colonne di legionari si allungarono all’interno degli impervi sentieri, i Germani attaccarono le retrovie seminando il panico. Germanico non si scoraggiò, guidando personalmente i soldati della XX legione, permettendo alla colonna romana di passare indenne.

Nell’anno 15 d.C., Germanico si rese protagonista con altre due spedizioni, una condotta in primavera, conclusa con l’annientamento della tribù dei Catti e della loro capitale, la seconda in estate, per impedire che Arminio, ancora una volta, riuscisse a coalizzare un forte esercito difficile da annientare. Proprio durante questa seconda spedizione, un reparto di fanti e cavalieri ausiliari, durante uno scontro con la tribù dei Bructeri, riprese possesso di un vessillo, quel vessillo era della XIX legione, distrutta a Teutoburgo appena sei anni prima, nel frattempo il grosso dell’esercito romano, procedeva devastando i territori fra i fiumi Ems e Lippe, fino ad arrivare in quei luoghi dove si diceva fossero ancora insepolti i resti delle legioni sopraffatte a Teutoburgo.

Panoramica della foresta di Teutoburgo
Panoramica della foresta di Teutoburgo

Ritorno a Teutoburgo, Germanico sul luogo della sconfitta di Varo:

Ottenuti così questi successi, Germanico volle vedere con i suoi occhi i luoghi dove Publio Quintilio Varo trovò la morte insieme alle tre legioni romane, addentrandosi quindi in quei luoghi tristi e macabri, Tacito descrive così la scena:

…nel mezzo del campo biancheggiavano le ossa ammucchiate e disperse… sparsi intorno… frammenti di armi e carcasse di cavalli e teschi conficcati sui tronchi degli alberi. Nei vicini boschi sacri si vedevano altari su cui i Germani avevano sacrificato i tribuni ed i centurioni di grado più elevato. I superstiti di quella disfatta, sfuggiti alla battaglia od alla prigionia, ricordavano che qui erano caduti i legati e là erano state strappate le Aquile; e mostravano dove Varo ricevette la prima ferita e dove si colpì a morte, suicidandosi; mostravano il rialzo da dove Arminio aveva parlato ai suoi, i numerosi patiboli preparati per i prigionieri, le fosse scavate e con quanta tracotanza Arminio avesse schernito le insegne e le Aquile imperiali…”.

Germanico, dopo aver dato pace ai poveri resti, dandogli degna sepoltura, prese a dar la caccia allo stesso Arminio, il quale nel frattempo si era rifugiato nelle foreste vicine in luoghi di difficile accesso. Convinto che Arminio stesse pensando ad una precipitosa ritirata, Germanico comandò agli squadroni di cavalleria di inseguirlo, ma lo scaltro generale germanico con un’abile mossa, organizzò un’imboscata in piena regola, attaccando di sorpresa i cavalieri romani che non tardarono a disunirsi, nemmeno l’invio di altre coorti ausiliarie servì a riportare lo scontro da parte romana, la quale in preda al disordine rischiava di finire in una zona particolarmente paludosa nella quale avrebbe certamente trovato la disfatta. Solo l’invio delle legioni schierate a battaglia portò a termine lo scontro armato che terminò senza vincitori ne vinti.

Germanico di fronte ai resti dei legionari morti a Teutoburgo
Germanico di fronte ai resti dei legionari morti a Teutoburgo

Ritorno a Teutoburgo, disastro scampato a Pontes Longi, il rischio di una nuova disfatta:

Riconducendo i suoi soldati ai quartieri generali, Germanico decise di dividere l’esercito in tre colonne, una delle quali era condotta da Aulo Cecina Severo che proseguiva lungo l’itinerario conosciuto come “Pontes Longi”, uno stretto passaggio fra le foreste, costruito da Domizio Enobarbo fra il 3 e l’1 a.C..    Anche in questo caso Arminio adottò la stessa strategia adottata pochi anni prima con gli uomini di Varo, attendendo il passaggio dei romani carichi delle loro salmerie prima di scatenare la violenta imboscata. Sfortunatamente per Arminio però, Aulo Cecina non era uno sprovveduto e per ogni spostamento pensava prima a come potersi eventualmente  difendere. Proprio lungo questo “Pontes Longi”, ormai danneggiato dagli anni, gli uomini di Cecina, oltre all’avanzata si dovettero preoccupare anche di ripristinarlo per poterlo percorrere in sicurezza. Arminio approfittando di ciò, decise di attaccare, sperando di sfondare le difese romane, irrompendo e facendo strage anche fra quanti erano intenti nei lavori di riscostruzione. Durante l’attacco i romani si difesero come poterono, poichè il terreno era cedevole sotto i loro piedi dalle piogge dei giorni precedenti, i soldati appesantiti dalle loro corazze e con l’acqua fino alle caviglie non riuscivano ad assestare colpi decisivi, mentre i germani, avvezzi al combattimento in quei terreni avevano maggiore libertà di movimento. Solo il calare della notte salvò i legionari dalla sconfitta, ma i Germani non si fermarono e con il favore del buio convogliarono ulteriori piccoli corsi d’acqua nella zona, per rendere il terreno ancora più impraticabile, tentando di bloccare i romani in una palude, i fantasmi di una nuova Teutoburgo erano all’orizzonte. Come detto in precedenza, Aulo Cecina era un generale tutt’altro che sprovveduto e non si fece prendere dal panico e dall’alto della sua quarantennale esperienza nei ranghi dell’esercito, con grande sorpresa dei germani, contrattaccò, ricacciando i barbari nel profondo delle foreste, permettendo allo stesso tempo ai feriti di rientrare ed essere protetti dalle legioni. Tuttavia questo parziale successo non scoraggiò i germani, le quali urla risuonavano in tutta la foresta, infondendo grande ansia nei romani che trascorsero una notte non facile.

Anche la mattina seguente non fu semplice, i romani in marcia infatti presto si impantanarono nel terreno pesante, e ad Arminio si presentava l’occasione giusta per un attacco decisivo. La colonna romana si spezzò e i germani colpivano dal basso i cavalli che così trafitti disarcionavano i propri cavalieri, creando ulteriore scompiglio, lo stesso cavallo del generale Aulo Cecina Severo venne colpito gettandolo a terra, solo l’intervento delle Legio I Germanica salvò la vita del generale, prolungando così i combattimenti per tutto l’arco della giornata. Solo alla fine di quella difficilissima giornata i romani riuscirono a mettere piede su di un terreno asciutto, apprestandosi a costruire il campo per la notte. Purtroppo la battaglia appena trascorsa aveva disperso molti attrezzi da lavoro, molte tende per i soldati e medicamenti per le ferite, i romani si videro persi e già pensavano di essere totalmente sopraffatti. Al mattino nuovamente Arminio tentò di accerchiare l’accampamento romano, e proprio quando i suoi uomini stavano per abbattere le palizzate, con un abile manovra, Aulo Cecina riuscì a portare i suoi uomini fuori dell’accampamento accerchiando a sua volta gli assedianti che colti di sorpresa vennero sconfitti, lo stesso Arminio fu costretto alla fuga. L’ardore e la voglia di rivalsa delle legioni impedì una nuova sconfitta e permise loro di far ritorno al quartier generale sulla riva destra del fiume Reno.

Le campagne di Germanico proseguirono anche per tutto l’anno successivo, e a Roma fu accolto con grande favore il seppellimento dei resti di quanti a Teutoburgo incontrarono la morte, ma questo suscitò la diffidenza dell’Imperatore stesso che vedeva notevolmente accresciuta la popolarità del giovane nipote Germanico, facendone un potenziale suo rivale. Al termine delle operazioni militari, Tiberio richiamò a se Germanico, ufficialmente per evitare la possibilità di un ulteriore disastro in luoghi ostili, concendendogli comunque il meritato trionfo, ma Germanico la considerò una ripicca nei suoi confronti. Alla luce dei fatti possiamo comunque affermare che la decisione presa da Tiberio non fu poi così sbagliata in quanto le operazioni di Germanico avevano si ottenuto grandi vittorie, ma non la definitiva uscita di scena di Arminio, in più il generale Aulo Cecina Severo con i suoi uomini rischiò davvero un’altra gravissima disfatta, e per finire l’interesse romano per quei terreni paludosi e inospitali era ormai andato via via scemando. Tiberio scelse quindi di terminare ogni operazione oltre il Reno, lasciando che fossero le eterne discordie fra le varie tribù a renderle inoffensive.

Si ringrazia per le foto:

https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_della_foresta_di_Teutoburgo

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