Tarquinio il Superbo

Appartenente alla dinastia etrusca dei Tarquini, settimo ed ultimo Re di Roma, Lucio Tarquinio,  meglio conosciuto come Tarquinio il Superbo, regnò dal 535 al 509 a.C.,  anno in cui venne messo al bando e costretto a lasciare la città.

TARQUINIO IL SUPERBO, ORIGINI E LEGGENDA:

Figlio di Lucio Tarquinio Prisco, quinto Re di Roma, Tarquinio il superbo sposò inizialmente Tullia Maggiore, figlia del suo predecessore al trono, Servio Tullio, dopo di che, dopo averla lasciata, si unì alla sorella Tullia Minore, dalla quale ebbe tre figli: Sesto, Arrunte, e Tito. Disposto a tutto pur di prendere il potere, Lucio Tarquinio ottenne dalla secondogenita di Servio Tullio un aiuto decisivo per attuare la congiura che lo avrebbe portato alla guida della città. Come spesso accade quando si raccontano fatti accaduti in tempi molto remoti, le vicende sono spesso tramandate oralmente, e come è naturale che sia, gli eventi,  anche se veritieri di fondo, prendono pieghe inaspettate e ammantate di leggenda, pertanto facciamo affidamento su ciò che Tito Livio scrisse diversi secoli più tardi. Lo storico romano ci tramanda che al giorno convenuto, Lucio Tarquinio si recò in anticipo alla seduta del Senato, per occupare e reclamare il trono riservato al suocero Servio Tullio, che appena informato di ciò che stava accadendo, accorse in tutta fretta per capire la situazione.

“…improvvisamente dal vestibolo della Curia gridò a gran voce: “Che vuol dire cotesto, o Tarquinio? E con quale audacia osasti, me vivo, adunare i Padri e sederti sul mio seggio?” 

Dopo queste parole si accese un violento scontro fra le due fazioni rivali durante il quale il più giovane Tarquinio prevalse sul più anziano suocero che finì scaraventato ai piedi della scalinata della Curia. Gravemente ferito, Servio Tullio, venne finito dalla figlia Tullia Minore, che lo travolse alla guida del suo carro, in seguito il luogo dove avvenne questo atroce delitto, venne non a torto nominato, “Vicus Sceleratus”

Tarquinio il Superbo
Tarquinio il Superbo

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IL REGNO:

Dopo i fatti sopra raccontati, Tarquinio non concesse neppure gli onori della sepoltura al suo predecessore, assumendo autoritariamente il comando, senza che la sua elezione fosse approvata nè dal Senato, nè tanto meno dal popolo romano, in ragione di questi eventi, al nuovo Re fu attribuito il soprannome di “Superbo”. Per tutta la durata del suo regno mantenne le redini di Roma grazie alla forza, annientando con un colpo di spugna tutta la struttura democratica della città, faticosamente messa in piedi dal suocero, e creando attorno alla sua figura un regime talmente violento che riuscì nell’impresa più unica che rara di unire contro di lui sia patrizi che plebei. Se però le fonti antiche criticano per come Tarquinio il Superbo, esercitò il potere, di contro ne celebrano le sue grandi capacità militari, sotto il suo regno infatti vennero conquistate le importanti città di Suessa Pometia, Gabi, Ardea e Ocricoli. Lo stesso Tito Livio a tal proposito ci dice che:

“Tarquinio fu un re ingiusto coi suoi sudditi, ma abbastanza un buon generale quando si trattò di combattere. Anzi, in campo militare avrebbe raggiunto il livello di quanti lo avevano preceduto sul trono, se la sua degenerazione in tutto il resto non avesse offuscato anche questo merito.”

La sua crudeltà  non consoceva confini, sappiamo per esempio che Turno Erdonio, delegato della città di Aricia, venne annegato in un fossato per aver manifestato idee diverse da quelle del sovrano, durante una riunione della lega latina presso Locus Ferentinum. A Tarquinio il Superbo, si fa risalire anche il celebre stratagemma con il quale venne conquistata la città di Gabi. Con l’ausilio del figlio, Sesto, che secondo il piano si sarebbe dovuto recare in città, ufficialmente per sfuggire alla tirannia del padre, Gabi si concesse a Roma senza neppure alzare un’arma, a causa delle infinite discordie interne procurate dal figlio di Tarquinio, che minarono alla base la stabilità politica dell’insediamento.

Durante il suo regno, nel periodo della dominazione etrusca, Roma divenne una strategica stazione commerciale, inziando lentamente la sua espansione, che inizialmente influenzava le comunità di Signa e Circeii. Venne inoltre completata la prima versione della Cloaca Massima e il tempio di Giove Ottimo Massimo, con il bottino ottenuto dalla campagna militare vittoriosa contro i Volsci.

L’INIZIO DEL DECLINO:

Estremamente turbato dalla visione di un serpente che fuoriusciva da una colonna di legno, Tarquinio il Superbo, organizzò una spedizione formata dai propri figli e dal nipote Lucio Giunio Bruto, a Delo, affinchè l’oracolo vaticinasse su chi avesse in futuro, regnato sulla città. Giunti sul posto, l’oracolo proclamò il suo verdetto: “Avrà in Roma il sommo imperio chi primo, o giovani, di voi bacerà la madre”, Lucio Giunio Bruto, che fingeva di essere uno stolto, (Bruto, appunto), in verità celava ben nascosta la sua vera natura, e fu l’unico ad interpretare correttamente le parole dell’oracolo, tornati sulle coste italiche, infatti,  il nipote di Tarquinio finse di inciampare, stramazzando a terra, e baciando la madre patria, interpretando quindi le parole raccolte a Delo, un gesto che si rivelò vincente. Poco tempo dopo i romani vennero impegnati in guerra contro i Rutuli, e mentre praticamente tutti gli uomini erano impegnati in un pesante assedio alla città di Ardea, il figlio del Re, Sesto, innamorato della bellissima Lucrezia, moglie di Lucio Tarquinio Collatino, abbandonò l’accampamento per fare ritorno in città, e una volta raggiunta l’abitazione della bella ragazza, la fece sua con violenza. Il giorno seguente, traumatizzata per l’accaduto, Lucrezia raggiunse il padre alle porte di Ardea, e per la vergogna per ciò che aveva subito la sera precedente, si tolse la vita.

Visibilmente sconvolti per ciò che era accaduto, Lucio Tarquinio Collatino e Lucio Giunio Bruto, al colmo della rabbia verso la famiglia del sovrano, giurarono a loro stessi di non aver pace fino a che il Superbo non fosse stato allontanato da Roma. Raccolto il cadavere di Lucrezia, i due, seguiti da alcuni seguaci, raggiunsero il fòro romano, dove Bruto arringò la folla sulle pesanti nefandezze commesse da Sesto, il suo discorso fece talmente presa sulla popolazione, che  a sua volta stanca dei continui soprusi del Re, ne decise l’immediata destituzione. A Tarquinio il  Superbo vennero immediatamente confiscati tutti i beni, e la notizia giunse alle sue orecchie quando egli era ancora impegnato ad attaccare le mura di Ardea. Immediatamente Tarquinio abbandonò l’assedio e marciò su Roma nel tentativo di stroncare sul nascere questa rivolta, Lucio Giunio Bruto, venuto a sapere di ciò, con un diversivo, evitò di scontrarsi con il Re, per recarsi all’accampamento romano di Ardea, dove venne accolto fra il tripudio generale, mentre anche i figli del sovrano venivano invitati ad andarsene. A quel punto a Tarquinio il Superbo vennero chiuse sia le porte della città, sia quelle del suo accampamento, il che lo costrinse, insieme a due dei suoi figli all’esilio a Cere, dopo ben 26 anni di regno. Il terzo figlio del Re, Sesto, non seguì il padre preferendo la città di Gabi, dove venne però trucidato dai cittadini che così si vendicarono delle infinite stragi e dei numerosi furti da lui organizzati per far cadere la città poco tempo prima. Nel frattempo a Roma vennero eletti,  Lucio Tarquinio Collatino e Lucio Giunio Bruto, i primi due consoli della storia millenaria della città.

Tuttavia, Tarquinio era lontano dal darsi per vinto, in poco tempo ottenne l’aiuto del lucumone etrusco, Porsenna, Re di Chiusi, e di tutte le città latine nemiche di Roma, nonostante gli inziali successi però, l’ormai ex sovrano, non riuscì a rientrare in Roma. Sempre disposto a non demordere, Tarquinio spostò il suo quartier generale a Tuscolo, governata dal genero, Ottavio Mamilio, il quale già fomentava il malcontento delle città latine contro Roma. Tutti questi preparativi sfociarono in due grosse battaglie, la prima alla Selva Arsia, in territorio romano, dove Lucio Giunio Bruto e Publio Valerio Publicola ebbero faticosamente ragione di una coalizione formata da etruschi e veienti. La seconda all’altezza del Lago Regillo, dove il nominato dittatore, Aulo Postumio, fronteggiò l’esercito latino guidato da Mamilio e dallo stesso Tarquinio:

«… La notizia della presenza dei Tarquini tra le file latine suscitò un’indignazione tale nei Romani da non poter rimandare ulteriormente lo scontro. Per questo la battaglia non ebbe precedenti quanto a ferocia e accanimento. Infatti i comandanti non si limitarono a dirigere le operazioni, ma si buttarono di persona nella mischia e quasi nessun membro dei due stati maggiori, salvo il dittatore romano, uscì indenne dallo scontro. Postumio era in prima linea a dirigere e incoraggiare i suoi uomini, quando Tarquinio il Superbo, nonostante l’età e il fisico indebolito, si lanciò al galoppo contro di lui, ma rimediò una ferita al fianco e riuscì a scamparla solo grazie all’intervento tempestivo dei suoi uomini….».       Tito Livio.

Tarquinio il Superbo morì nel 495 a.C., durante l’esilio a Cuma, in Campania, e la notizia del suo decesso venne accolta a Roma con grandissime manifestazioni di giubilo:

«…Fu un anno memorabile per l’annuncio della morte di Tarquinio. Questi si spense a Cuma, alla corte del tiranno Aristodemo che lo aveva accolto dopo la disfatta delle forze latine. La notizia entusiasmò tanto il senato quanto la plebe.».      Tito Livio.

 

 

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