Terza guerra punica

La terza guerra punica, l’ultima fra i conflitti intercorsi fra le due grandi città del Mediterraneo, si svolse fra il 149 e il 146 a,C., e vide la definitiva caduta di Cartagine e la conseguente ascesa di Roma come padrona  di tutto il Mar Mediterraneo.

Terza guerra punica
Terza guerra punica

Terza guerra punica, contesto storico:

Dopo la prima guerra punica, Cartagine aveva faticosamente mantenuto parte della Sicilia, conquistata a suo tempo durante le guerre contro i greci, e la Corsica invasa dai romani nel 258 a.C.. La cosiddetta “guerra dei mercenari”, svoltasi fra le milizie cartaginesi e reparti di mercenari che servivano la città punica che si erano ribellati, permise ai romani di impadronirsi della Sardegna a discapito della stessa città africana. Dopo le incursioni di Annibale su suolo italico che tanto in difficoltà avevano messo la repubblica romana, Cartagine si trovava anche privata delle più redditizie città della costa spagnola, le quali avevano formalmente mantenuto le scorribande dell’esercito cartaginese nel sud Italia. La città punica si trovava quindi in ginocchio dopo la sconfitta di Annibale al termine della seconda guerra fra Roma e Cartagine, dovendo pagare 200 talenti di argento annui per via dei danni causati dal condottiero nel sud Italia, dovendo inoltre obbligatoriamente prestare un contingente armato nella guerra che Roma si trovò a combattere contro i Seleucidi di Antioco III. Vi era però un fattore che per Cartagine era in grado di ammortizzare il suo declino, e cioè il commercio, nel quale i punici facevano scuola. Cartagine si atteneva quindi scrupolosamente ai trattati sottoscritti per evitare una nuova guerra con Roma che avrebbe certamente segnato la sua fine, ma sull’altro lato del Mediterraneo montava un nuovo sentimento di ostilità verso la città africana, capeggiato dall’influente senatore e grande tradizionalista,  Marco Porcio Catone che terminava ogni suo discorso in senato con la celebre frase: “Ceterum censeo Carthaginem esse delendam”, “…e concludo affermando che Cartagine deve essere distrutta”. Roma infatti non aveva minimamente dimenticato i colossali sforzi economici, umani e psicologici ai quali Annibale l’aveva costretta, “Annibale è alle porte!” era diventata una frase di uso comune in città per creare spavento ai bambini….e non solo. I territori a sud di Roma che avevano subito le vessazioni cartaginesi versavano ancora in condizioni disastrose, villaggi distrutti, più di 30.000 cittadini resi schiavi, delle sei legioni mantenute da Roma prima di Annibale, ora ve ne erano ben 25, ovvero più di 200.000 uomini pronti in ogni momento alla guerra, a cui andavano aggiunti anche gli uomini e i mezzi della marina militare, uno sforzo economico e militare che per Roma non solo non era venuto meno, ma anzi era notevolmente aumentato per la paura che Cartagine potesse un giorno rialzare la testa. Tuttavia il sottile equilibrio che nonostante tutto resisteva, venne spezzato dall’intervento sulla scena di Massinissa.

Terza guerra punica, casus belli:

Massinissa, Re della Numidia, ripresosi il regno si dedicò allo sviluppo dei suoi territori. Per prima cosa inglobò al suo regno, in modo più o meno pacifico. alcuni territori minori in modo da portare la Numidia a svilupparsi dalla Tunisia alle coste atlantiche, fondò nuove città e ne ingrandì altre già esistenti, mostrando chiaramente la sua aspirazione nel trasformare la Numidia in uno stato grande e moderno. Per raggiungere il suo obiettivo finale, fornendo una base culturale ed economica al suo popolo, in maggioranza pastori ed agricoltori, Massinissa aveva già messo nel mirino Cartagine, unico grande centro urbano ed economico che avrebbe garantito al suo regno il vero salto di qualità. Massinissa, quindi, approfittando dei rigidi accordi ai quali Cartagine doveva sottostare, iniziò una serie di azioni di disturbo alla città, forte anche del fatto che i punici non avevano neppure la facoltà di difendersi da eventuali attacchi esterni, se non dietro concessione romana. Il Re numida occupò nel 193 a.C., l’importante e ricco centro di Emporia, scatenando la reazione punica che ottenne l’invio di una delegazione da Roma, incaricata di giudicare i fatti. La delegazione romana, comprendente anche Publio Cornelio Scipione, non prese alcuna decisione e non condannò gli atti di Massinissa. Anni più tardi, nel 174 a.C., Massinissa occupò Tisca, e ancora una volta una commissione da Roma con a capo lo stesso Catone venne inviata per giudicare gli eventi. Questa spedizione convinse una volta di più l’anziano senatore che Cartagine si stesse riprendendo e per questo doveva essere battuta un’ultima volta. La storia ci tramanda di come Catone una volta tornato in Senato, gettò platealmente a terra un cesto pieno di fichi, pregando i suoi colleghi di constatare di come fossero ancora freschissimi dopo il lungo viaggio appena affrontato, testimoniando una volta di più l’eccellente stato di salute della città che la rendeva ancora una volta un temibile avversario da sconfiggere definitivamente. Un altro fattore che avvicinò il conflitto fu la sconfitta politica a Cartagine, subita dalla fazione favorevole a Roma, la quale perse il potere lasciando campo libero a coloro che invece desideravano rinegoziare i rigidi patti. Nel 150 a.C., l’ormai anziano Massinissa occupò Oroscopa, e a questo punto i cartaginesi, ormai esasperati e persuasi dall’impossibilità di ottenere giustizia da Roma, decisero di rompere i trattati sotoscritti, armandosi e attaccando i Numidi, i quali però più numerosi e preparati uscirono vincitori. Roma aveva ora il pretesto per iniziare il conflitto, vedendo comunque con un certo timore l’ascesa della Numidia a spese di una indebolita Cartagine. Dopo le prime ambascerie romane nelle quali si chiedeva a Cartagine di fermare il riarmo e di ditruggere parte della città affacciata sul mare per limitarne ancora di più le sue ricchezze e i suoi commerci, seguì il netto rifiuto punico e il terzo conflitto iniziò nel 149 a.C..

Ricostruzione dell'antica Cartagine
Ricostruzione dell’antica Cartagine

Terza guerra punica, prime fasi del conflitto:

Non appena a Cartagine si sparse la notizia che i consoli romani: Lucio Marcio Censorino e Manio Manilio Nepote, erano partiti dalla Sicilia con un esercito stimato attorno agli 80.000 uomini, la città scese a patti rimettendosi alle decisioni di Roma e inviando 300 ostaggi scelti fra gli adolescenti della nobiltà punica. I consoli romani tuttavia erano partiti con il preciso compito di cancellare per sempre Cartagine dalla faccia della terra. L’esercito romano sbarcò quindi a Utica che subito si arrese, e iniziò le operazioni che vedevano coinvolto come tribuno anche Scipione Emiliano, figlio del console già vincitore a Pidna, Lucio Emilio Paolo. Gli ambasciatori cartaginesi giunsero quasi subito sul luogo lamentando l’ostilità romana a fronte della loro sottomissione, ma i romani non ne vollero sapere e costrinsero Cartagine a liberarsi di svariate attrezzature belliche, indebolendola ulteriormente. Il console Censorino nonostante aver reso praticamente inoffensiva la città nemica, valutò che quel che era stato fatto non fosse ancora sufficente e intimò agli ambasciatori punici di far sapere ai propri cittadini che i romani ordinavano di abbandonare la città per stabilirsi 15 chilometri più all’interno, lontani dai commerci marittimi, per togliere loro qualsiasi ricchezza. Alle rimostranze cartaginesi, il console romano rispose che Roma aveva promesso la salvezza degli abitanti ma non quella della città, e gli ambasciatori fecero ritorno per riportare quanto era stato detto loro, e per poco non finirono linciati dalla folla che in questa occasione si ricompattò, unita nell’odio verso i romani.

Tutti gli italici presenti a Cartagine vennero trucidati, gli schiavi vennero liberati per avere man forte nella difesa della città, fu poi richiamato il forte generale Asdrubale, esiliato tempo addietro per compiacere i romani, fu infine chiesta una moratoria di 30 giorni ai romani con la scusa di inviare una delegazione a Roma, durante la quale Cartagine attuò una frenetica corsa al riarmo, le mura vennero poderosamente rinforzate, ogni tipo di metallo venne fuso per fabbricare ogni tipo di arma o proiettile, persino le donne tagliarono i loro capelli per fabbricare archi. Passati questi 30 giorni quando i romani si avvicinarono a Cartagine trovarono una città quasi inespugnabile, piena di armati pronti a difendersi fino alla morte.

Terza guerra punica, l’assedio di Cartagine, Scipione Emiliano prende il comando delle operazioni:

I consoli romani, giunti presso Cartagine trovarono una situazione molto più complicata di quanto avessero preventivato, tuttavia non si persero d’animo e comiciarono l’assedio. All’interno della città Asdrubale aveva avuto la possibilità di raccogliere almeno 50.000 uomini ben armati, così i romani si divisero i compiti, Manilio Nepote si concentrò all’assalto delle mura, mentre Lucio Marcio Censorino tentò di assaltare il porto per cercare di spezzare il flusso continuo dei rifornimenti alla città. inizialmente gli uomini di Nepote riuscirono con le loro macchine d’assedio a produrre una breccia nelle mura nemica, ma questa venne prontamente richiusa dai difensori, i quali poi contrattaccarono distruggendo buona parte di quelle macchine che avevano causato il danno, non solo, quando Nepote vide aprirsi la breccia mandò all’assalto i suoi uomini i quali vennero però respinti con altissime perdite. Anche a Censorino non andò meglio, lanciato all’assalto del quartiere portuale di Cartagine, fu costretto alla ritirata dalla sortita dello stesso Asdrubale, lo scontro però non fu vano, in questo frangente  Scipione Emiliano si distinse per valore e coraggio, riuscendo a catturare Imilcone, uno dei comandanti della cavalleria cartaginese.

L’anno succesivo i nuovi consoli, Lucio Cornelio Pisone e Lucio Ostilio Mancino, si rivelarono ancora più maldestri dei loro predecessori, Pisone in particolare venne sconfitto dai difensori di due città vicine rinvigorendo gli animi dei Cartaginesi che presero così coraggio. Gli eventi presero però un’altra piega quando Asdrubale si impadronì del potere con un colpo di stato, ordinando di esporre sulle mura i corpi mutiliati dei romani fatti prigionieri, con l’intenzione di atterrire il nemico. Purtroppo per lui però l’effetto desiderato fu esattamente contrario, i romani a quella vista si fecero ancora più inaspriti e decisi a non concedere alcuna pietà ai punici.

Nel 147 a.C., Scipione Emiliano nonostante non avesse ancora raggiunto l’età per il consolato (47 anni), venne eletto alla carica insieme a Gaio Livio Druso, con il quale concordò di concentrarsi maggiormente sulla città per far si che poi tutti gli insediamenti vicini sospendessero gli aiuti a Cartagine. Asdrubale fu così attaccato nuovamente al quartiere portuale di Nefari che difendeva con circa 7.000 uomini, questa volta l’assalto romano ebbe successo e il generale punico fu costretto a ripiegare nella vicina città di Birsa, cosa che permise a Scipione di costruire una diga di almeno tre chilometri tagliando in parte i rifornimenti nemici. Il porto alla fine venne conquistato da Scipione, grazie anche all’aiuto di Golussa, figlio di Massinissa,  e le città vicine considerata persa Cartagine cessarono ogni supporto consentendo ai romani di concentrare tutti gli sforzi all’assalto della cittadella.

Le attuali rovine di Cartagine
Le attuali rovine di Cartagine

Terza guerra punica, la fine di Cartagine:

L’agonia di Cartagine si protrasse per tutto l’inverno seguente, i viveri sempre più scarsi con l’aggiunta di una pestilenza misero a dura prova la resistenza della città, nella quale diventavano sempre più frequenti veri e propri atti di cannibalismo. Scipione che ben sapeva in che condizioni versava Cartagine poteva permettersi di non forzare subito l’attacco, ma nel 146 a.C., le truppe meglio addestrate guidate dal legato Lelio assaltarono le mura e conquistarono il porto militare. I sopravvissuti con grandissima tenacia impegnarono i romani in una battaglia casa per casa per almeno 15 giorni rallentando più possibile l’avanzata dei legionari, ma l’esito finale era ormai scontato. Per risparmiare i suoi soldati Scipione emanò un bando nel quale si specificava che i cittadini che si sarebbero arresi e fossero usciti disarmati dalla cittadella avrebbero avuto salva la vita. In migliaia aderirono fra i quali lo stesso Asdrubale, dopo di che Scipione recuperò alcune opere d’arte sottratte dai cartaginesi in Sicilia, prima di abbandonare i suoi legionari al saccheggio. Cartagine venne completamente rasa al suolo, le case bruciate, le mura abbattute, dopo di che venne passato l’aratro sulle sue rovine e gettato del sale sui suoi solchi affinchè la città non potesse mai più ricrescere. La terza guerra punica era finita.

I circa 50.000 superstiti di Cartagine vennero venduti come schiavi, la vicina Utica venne rinominata nuova capitale della regione. Per quanto riguarda il regno di Numidia, non potè mai approfittare della rovina di Cartagine in quanto il territorio divenne una nuova provincia romana separata dalla Numidia stessa da un profondo fossato chiamato Fossa Regia. La situazione economica di Roma era talmente cambiata tanto che nel 142 a.C., lo stesso Scipione pregò per il mantenimento di quegli attuali confini piuttosto che altri ampliamenti. Il sito sul quale sorgeva Cartagine era però in una posizione troppo strategica perchè rimanesse così disabitato, e così una nuova Cartagine  venne fondata, divenendo nel tempo la seconda città più ricca dell’Impero romano, e capitale della provincia d’Africa.

Credits to:

https://www.nationalgeographic.org/thisday/feb5/end-longest-war-history/

https://www.ancient.eu/carthage/

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